VINAI @ Trentino Music Festival – Ecco perché non si meritano neanche un centesimo dei vostri soldi

I VINAI sono solo hype, nulla più.

(di Michele Anesi) (foto by CLinIC's)

Fonire giudizi e recensioni è una pratica per cui occorre prestare molta attenzione, in primis, a trovare un giusto bilanciamento tra il parere strettamente personale e soggettivo di chi scrive e uno sguardo più oggettivo e istituzionale. Nonostante questo, mi sento in dovere di esprimere alcune considerazioni personali che ho maturato nel corso dell'ultima parte del 'Trentino Music Festival', svoltosi ieri sera sul suggestivo Doss Trento

Per questioni lavorative – con mio grande dispiacere – non ho potuto essere presente per apprezzare l'intero 'TMF by DAY', per cui non ho la possibilità di esprimere un parere sulla riuscita complessiva dell'"esperienza festival". Sicuramente, dal punto di vista delle presenze, i ragazzi che hanno lavorato per realizzare questo evento devono sentirsi mediamente soddisfatti: non è da tutti muovere molte centinaia di persone paganti in cima al Doss, pur con un nome di grido come i VINAI come traino. Ci tengo a fare i complimenti a tutti coloro che hanno creduto in questo progetto e spero vivamente che ci possano essere altri eventi come questo nel futuro. Tengo poi a sottolineare come il giudizio sui VINAI non riguardi in nessun modo quello sull'evento nel suo complesso: la loro performance non è sicuramente "colpa" dell'organizzazione! 

Senza soffermarmi sugli act che si sono esibiti nel 'TMF by Night'  vorrei riflettere sul Dj set degli headliner. Ascoltati meno di 10 giorni fa sul Main Stage del Nameless Music Festival (Lecco) come inviato di Electro Italia, ero davvero curioso di osservare come si sarebbero comportanti in un contesto locale e se, effettivamente, avrei ravvisato delle reali differenze nel loro modo di approcciarsi al set di un festival internazionale da molte migliaia di persone rispetto a uno meno rinomato. 

Partiti con l'interessante intro che utilizzano da svariati mesi per aprire le loro gigs – ripetitivo, certo, ma per questo non meno efficace -, presentano la selezione che chiunque si potrebbe aspettare da loro, svolgendo il compitino assegnatoli nella maniera più asettica, neutra e svogliata possibile e rispondendo a tutti i cliché del caso senza il minimo interesse nel cercare di stupire o creare quel clima di carismatica complicità con la folla che tanto appartiene ai cosiddetti Top.

Le solite frasi vuote, le classiche abusate movenze "da festival", una champagne shower più studiata a tavolino che condensata dalla vera eccitazione per l'attesa del drop fatale, un'attenzione al pubblico pagante – vera fonte del loro sostentamento economico – praticamente inesitente e barbaramente innaturale.

In definitiva una performance noiosissima, scontata e, per di più, conclusa con la solita frase di rito "siete i migliori!". 

Dal punto di vista musicale la selezione è rimasta canonicamente all'interno del prevedibile percorso Melbourne Bounce/Electro House con un set identico per il 90% a quello eseguito per il Nameless: non mi riferisco solo all'utilizzo delle medesime tracce, ma parlo anche della loro disposizione nel set! Segno, questo, che quella sottile e (r)affinata attitudine psicologica che ogni buon Dj che ama definirsi tale ha nei confronti del pubblico non esisteva nella maniera più assoluta. La capacità di matchare la propria visione musicale, il proprio suono e la propria identità artistica con le aspettative della gente, i loro gusti e le loro esigenze è un'arte delicata possieduta non da chiunque. La classica, concentrata ricerca del "prossimo pezzo", in questo caso si è ridotta al caricamentao automatico della traccia successiva già presente in scaletta.

La popolarità di un personaggio non può essere in nessun modo una giustificazione per l'atteggiamento di distacco e menefreghismo nei confronti del proprio pubblico.

Se questo dovesse mai  accadere, l'artista, grazie al suo carisma e alle sue doti tecnico-musicali, dovrebbe riuscire a trascinare la folla anche in territori a quest'ultima non noti e conosciuti. Dovrebbe esserci la sottoscrizione di un patto silente, dovrebbe accadere come quando, da piccoli, prima di andare a dormire, qualcuno ci raccontava una storia: molte volte, grazie al coinvolgimento, alla passione e all'affetto con cui ci erano narrate, anche quelle che non ci piacevano alla fine ci rapivano e ci colpivano lasciandoci dentro sempre "quel qualcosa" che riusciva ad accarezzare le corde del nostro animo.

Potrei dilungarmi in ulteriori disamine tecnico-musicali o stilistico-costruttive sulle tracce presentate o sulla modalità di mix, tuttavia ritengo che non sia questo il punto focale di questa mia riflessione. Il pubblico trentino, sebbene mediamente poco aggiornato su tutto ciò che non sia musicalmente vicino all'heavy rotation, non è affatto stupido: dopo la prima ora di set, guardandosi attorno, si notava chiaramente la stancezza dei presenti data non dall'ora tarda – il loro set si è svolto dalle 22.16 fino a mezzanotte – ma dalla ripetitività delle sonorità coinvolte, dell'inflazionato schema "break-build up-drop" e della ripetitività del "tiro" tipico della loro selezione. 

I VINAI sono solo hype, nulla più. Un prodotto tipicamente italiano in cui la qualità scompare a favore della quantità, dove l'esserci è più importante del partecipare e dove l'apparenza è padrona della sostanza.

Sicuramente sono riusciti dove molti hanno fallito: hanno successo, soldi, visibilità e girano il mondo facendo ciò che amano… ma davvero stanno facendo ciò che vogliono più al mondo? Fare set fotocopia non penso sia gratificante… anche se, per almeno 20.000€ a serata…