Universita’ di Trento occupata: ma dalla botanica

Di Matteo Breda

Quando all’inizio del ‘500 i portoghesi per primi, e molti altri esploratori e mercanti poi, raggiunsero le coste di terre lontane come la Cina furono sorpresi di trovarvi popoli civilizzati, culture avanzate e un mondo di discipline naturali che potevano ormai dirsi millenarie. Il rapporto dei popoli cinesi con le risorse naturali dei loro territori conserva del resto, ancora oggi, una certa aura mistica, di cui ci ricordiamo ogni volta che ci imbattiamo in qualche fiore di loto o apriamo delle bustine di thè rigorosamente commercializzate con immagini evocative dell’oriente e nomi altisonanti quali “il thè dell’imperatore”.

Una visione decisamente più profonda di questo rapporto tra natura e popolo cinese ce l’hanno invece i membri del Centro Studi Martino Martini, che a tal proposito hanno organizzato a lettere una mostra intitolata “FLORA SINENSIS: piante, fiori e animali dalla Cina all’Europa”, che resterà allestita fino al 18 dicembre. L’esposizione (composta non solo di fotografie, ma anche di libri, manufatti e piante originali) è stata organizzata direttamente negli spazi liberi del piano terra della facoltà di lettere, il che non vi lascia dunque scuse per non poterci fare almeno una visita.

Il percorso della mostra (che arriva ad includere un centinaio di pannelli fotografici)  intende raccontare lo sviluppo della conoscenza che, nel corso dei secoli, il mondo occidentale ha posseduto della botanica cinese, scegliendo il punto di vista di alcuni celebri esploratori e dei più importanti resoconti che oggi possediamo: come il Ben Cao, il trattato che in sé racchiude millenni di farmacoterapia cinese, o Giuseppe Castiglione, il gesuita che trascorse cinquant’anni come pittore alla corte degli imperatori, o ancora Michal Boym, il missionario a cui si attribuisce la prima descrizione degli ecosistemi dell’estremo oriente ad essere giunta in Europa, dal titolo “Flora Sinensis”.