In questi ultimi anni, in questi ultimi mesi, sentiamo parlare sempre più spesso di sbarchi di migranti sulle nostre coste, italiane ed europee, e subito l’opinione pubblica si scatena. Si scatenano quelli che vogliono a tutti i costi chiudere le frontiere, molti senza nemmeno comprendere la portata delle loro affermazioni ed alcuni – è questo è un fatto ancor più grave – senza rendersi conto che no, non si può: molti di loro scappano da fame, devastazioni e guerra, hanno lo status di rifugiati politici e noi dobbiamo, per un obbligo giuridico ma ancor prima morale, accoglierli. Dall’altra parte, ci sono invece quelli che affermano che bisogna accogliere tutti, a tutti i costi e senza limiti, ed anche questo è sbagliato: è necessaria una regolamentazione, è fondamentale capire cosa sta dietro ad ogni viaggio. Un elemento però è senza dubbio centrale e molto spesso trascurato: molte volte, le persone che arrivano sono stati sfruttati durante il viaggio e lo saranno anche una volta arrivati nella terra (più o meno) promessa. Dietro agli sbarchi esistono infatti ingenti organizzazioni transnazionali dedite al proficuo business del traffico di esseri umani, secondo solo al traffico della droga a livello di guadagni. Questi gruppi, legati fra loro ed organizzati in una sorta di rete, riescono a sfruttare le debolezze fisiche e normative di ciascun paese per far approdare illegalmente il maggior numero di persone nel territorio, via mare, via terra o anche via aria.
Il problema maggiore credo sia questo: spesso come responsabili, soprattutto nel caso di arrivo via mare di barconi di migranti, vengono additati (e magari anche processati e condannati) i soliti scafisti, senza rendersi conto che essi sono veramente l’ultima ruota del carro, persone disperate, magari loro stesse in viaggio per scappare dalla miseria delle loro vite. I veri responsabili se la ridono, sicuri nelle loro case, abili a celarsi dietro le quinte di quello spettacolo quotidiano degli sbarchi, consci del fatto che la mancanza di indagini coordinate a livello sovranazionale non farà che facilitare il loro gioco.
Il fenomeno è senza dubbio complesso e difficile da gestire, ma delle soluzioni ci sono o si possono trovare: smettere di fermarsi all’apparenza delle cose, all’arresto del povero ed ignaro scafista, vedere finalmente il traffico di esseri umani come un evento globale, che coinvolge molti paesi nel mondo (di provenienza, di transito, di arrivo) e ripartire da qui, con la consapevolezza che solo indagini coordinate e la ricerca dei veri responsabili potranno portare a risultati duraturi.
D. Corraro