Sede di Casa Pound – Il senso e le contraddizioni di una protesta.

La Trento blindata, come hanno titolato i giornali, ma soprattutto piovosa di sabato 9 novembre, è stata teatro di uno scontro ideologico d’altri tempi, fomentato da una campagna stampa che negli ultimi giorni aveva previsto scenari degni degli anni di piombo, con il centro città tenuto sotto scacco da orde di barbari.

Ebbene, tutto ciò non è avvenuto, anzi, l’annunciata apertura della sede trentina di Casapound Italia infatti ha risvegliato l’anima antifascista e democratica di numerose associazioni e componenti della società civile e politica locale, le quali però, nella migliore tradizione della sinistra italiana, non sono riuscite a trovare una sintesi, esprimendo ben tre manifestazioni distinte, tutte legate dallo stesso filo conduttore dell’antifascismo.

Così, mentre i camerati di Casapound inauguravano la sede di Madonna Bianca, gli antifascisti di Anpi, Arci, Deina, Uisp, ed altre associazioni si riunivano sotto un gazebo in piazza Pasi alle 10, altri antifascisti (questi più vicini al movimento anarchico) si ritrovavano per un picchetto in piazza Dante alle 11 ed infine altri antifascisti ancora, questa volta legati alla sinistra radicale, dal Centro Sociale Bruno a Rifondazione Comunista, marciavano in corteo con partenza sempre da piazza Dante dalle 14.

Se ormai non sorprende più l’autolesionismo e la corsa alla scissione dell’atomo della sinistra, sorprende invece il fatto che forse per la prima volta neppure il valore dell’antifascismo riesca a fare da collante e a mettere insieme nella stessa piazza e nello stesso corteo tutti coloro che in esso si riconoscono.
 
Alla luce del clima tranquillo e positivo che si respirava all'interno di tutte e tre le iniziative, sarebbe stato forse più utile ed efficace unire tutte le voci che si oppongono all’apertura della sede di un movimento politico che non ha mai nascosto le proprie simpatie e l’ispirazione alla dottrina fascista, infischiandosene completamente della XII disposizione finale della Costituzione italiana, che vieta espressamente la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e chiunque pubblicamente ne esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi, oppure le sue finalità antidemocratiche.
Questa è la principale motivazione che porta a contestare la presenza sul nostro territorio di Casapound Italia che, nonostante ci sia chi ancora si ostina a considerarla una semplice associazione di promozione culturale, porta avanti a tutti gli effetti politiche di stampo neofascista, spesso sconfinando nella violenza e nell’illegalità.
 
Le recenti cronache giudiziarie che vedono protagonisti esponenti di spicco di CPI infatti vanno  dal favoreggiamento alla camorra, come nel caso del vicepresidente nazionale Andrea Antonini (http://www.paesesera.it/Cronaca/Aiuto-boss-per-un-documento-falso-Indagine-contro-Antonini-di-Casapound), a violenze, pestaggi e aggressioni di tipo squadrista, fino alle minacce di stupro, quando esponenti napoletani dell’organizzazione pianificavano di violentare una studentessa a causa delle sue origini ebraiche (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/01/24/Scontri-piazza-Napoli-arrestati-estremisti-destra_8128186.html).
 
Esponente di Casapound era anche Gianluca Casseri, il folle che a Firenze in pieno centro armato di pistola aprì il fuoco ammazzando due ambulanti senegalesi e ferendone altri tre (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/14/strage-senegalesi-firenze-altro-simpatizzante-casseri-casapound/), così come Franco Nerozzi, condannato a un anno e dieci mesi con l’accusa di terrorismo internazionale per le sue attività in Birmania, zona tra l’altro molto discussa perché al centro della produzione di anfetamine e del traffico di eroina. (http://espresso.repubblica.it/palazzo/2012/11/05/news/casapound-guerra-in-birmania-1.48032).
 
Innumerevoli inoltre negli ultimi anni gli episodi di pestaggi e disordini in diverse città italiane che hanno visto coinvolti appartenenti a Casapound, non ultima, la ricorderete, la rissa in via Verdi a Trento del 20 novembre scorso.
 
Una breve carrellata tratta dai più autorevoli organi di informazione italiani che dovrebbe fungere da monito per la cittadinanza trentina la quale, nonostante la mancanza di provvedimenti da parte delle istituzioni nei riguardi dell’apertura di una sede ritenuta da molti costituzionalmente illegale e potenzialmente pericolosa nei confronti dell’ordine pubblico, dovrà ora ergersi a “baluardo” democratico contro ogni tentativo di sdoganamento del fascismo, e soprattutto dovrà farlo in maniera unitaria.
 
G. M.
 
 
 
(foto da Facebook, Deina Trentino Alto Adige)