di Sebastiano Chistè
Il prossimo maggio, dal 23 al 25 si terrà a Roma un Forum della Pubblica Amministrazione dove verrà dedicato ampio spazio al rapporto tra innovazione tecnologica e sviluppo sostenibile. Ospite d’eccezione sarà Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University e nominato dal Times per ben due volte tra i 100 leader più influenti del mondo. Il suo lavoro si concentrerà sullo sviluppo sostenibile e la trasformazione della pubblica amministrazione per affrontare il mondo di oggi che ci costringe a sostenere un crescente numero di sfide globali: il cambiamento climatico, la povertà, le energie rinnovabili; per questo tipo di tematiche, anche i governi si rivolgono alle università e da queste dipendono per le conoscenze scientifiche e le innovazioni tecnologiche necessarie per costruire e sostenere il benessere. L’università quindi, sembra passare da luogo di istruzione a motore socio-economici della società.
Le università hanno per natura una visione di lungo periodo nella loro attività, prendendo in esame da sempre problemi di interesse più ampio di quello strettamente accademico. L’università, tuttavia, ha subito una notevole trasformazione nel corso del tempo: da università-comunità di stampo medioevale si è passati a un modello di università intesa come istituzione trasmissiva (con anche il rischio di diventare un mero “esamificio”) ma dalla fine degli anni ’90 in poi, assume il ruolo di attore di sviluppo locale, attraverso la diffusione della cultura scientifica e tecnologica. Un punto di forza non indifferente in questo processo è il fatto che subisca meno interferenze (politiche soprattutto) rispetto ad altri tipi di istituzioni sociali: solitamente l’università non ha interessi economici specifici e non rappresenta la politica nazionale.
Rimangono tuttavia degli ostacoli da superare prima di diventare veri motori della società: Jeffrey Sachs, nel libro “Il bene comune: Economia per un pianeta affolato” spiega: “Le università non sono ancora in grado di farsi carico in modo adeguato dei problemi globali e dello sviluppo sostenibile congiunto. Questo perché le principali attività di ricerca degli atenei sono divise sulla base delle facoltà e delle principali aree disciplinari, mentre tutti i problemi all’ordine del giorno – dall’inquinamento alla ricerca di nuove energie rinnovabili, dalla povertà estrema alla biodiversità – si sviluppano non in un ambito specifico ma a 360°”.