Raccontare l’antico: Rovereto incontra Valerio Massimo Manfredi

 Il giorno 5 maggio, nell’aula magna della Facoltà di Scienze Cognitive a Rovereto, un ospite d’eccezione è stato chiamato a “Raccontare l’antico": Valerio Massimo Manfredi poteva intervenire a tal riguardo. Antichista, scrittore tra i più letti al mondo, nonché curatore e conduttore di trasmissioni televisive sulle reti Rai e non solo. Introdotto dal direttore della Biblioteca comunale di Rovereto e da Giorgio Ieranò,docente di Storia del Teatro Antico presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Trento, ha fornito al pubblico un’ora e mezza circa di intervento.  Lo studioso è stato invitato dal Comune di Rovereto, dalla Biblioteca “G. Tartarotti”, in collaborazione con il Corso di Storia del teatro greco della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. 
“Nonostante debba difendere con le unghie e con i denti gli spazi liberi sulla mia agenda, non dico mai di no all’incontrare i ragazzi”Manfredi, figlio di un piccolo agricoltore modenese, ha iniziato il suo intervento proprio con una biografia, raccontando la sua infanzia, e ha elogiato poi la scuola pubblica, sia il liceo che l’università. Un elogio anche alla sanità pubblica, grazie alla quale i suoi genitori sono stati curati. “Perché, ragazzi, noi tutti siamo portatori sani del buon esempio, perché in tal modo si innesta un circolo virtuoso”. Ha introdotto poi il tema dell’antico. Antico che non significa vecchio, o non attuale;  antico come luogo della memoria dei moderni, che solo sapendo ciò che li ha preceduti possono partecipare al presente. Moderni che non hanno ricevuto per qualche merito particolare quest’antichità così importante  e che hanno l’obbligo di ricordare il sangue e il sudore degli antenati di cui sono posteri. Un inno alla civiltà occidentale che da Alessandro Magno in poi è riuscita a generarsi tramite la compenetrazione di due realtà così diverse, quella greca e quella orientale. Un inno alla cultura come patrimonio personale che non solo non è commercializzabile, ma rende libero l’uomo. Nei circa 90 minuti di intervento, il pubblico ha partecipato alla fondazione di una colonia di giovani in partenza da Selinunte, si è ritrovato sull’altura di Micene ad ammirare il Megaron del Palazzo di Agamennone, è disceso agli inferi con Odisseo e ha scorto in Dante il ricopritore di quell’epos che prende il lettore, che emoziona da millenni il lettore. “Perché senza emozioni una vita è nulla”. Raccontare l’antico perché l’antico è memoria, e la memoria è identità. Già con Tucidide, il padre della storiografia, il mestiere di storico non è separabile da quello del narratore. Solitamente, però, lo storico aggiunge con la propria ricerca qualcosa a quel bacino di memoria comune e condivisa del genere umano che è poi ritrovabile nella trattazione storica. Nella trattazione si ritrovano 2 dimensioni cioè una verticale, ovvero il porre i fatti in ordine cronologico, e una orizzontale che si può definire generalmente “politica”. Allo storico manca una terza dimensione, la vita, mentre nella narrazione abbiamo tutti gli aspetti della vita,dall’abbigliamento all’ambiente, ai cibi,senza scadere nel banale. “Ma ricordate che parlare di antico è una cosa seria. E’ una cosa fisica. Provate a sbattere le nocche contro un marmo romano: fa male!”. Alla fine dell’intervento, lo scrittore è stato assediato dal pubblico sia per autografi che per foto ricordo. (Elena Mendini)