Quando l’università era una culla

Un tempo era l’università la culla delle idee, il luogo in cui le posizioni si creavano, si alimentavano e diventavano più forti, tanto forti da uscire dalle porte dalle facoltà e orientare il sentire della città che le ospitava.
La mente va subito a Sociologia. È ovvio… siamo a Trento d’altra parte. Verso l’università c’era diffidenza? Forse. Aspettative? Senza dubbio. Qualcosa da lì dentro sarebbe sicuramente uscito, buono o cattivo che fosse, tutta quella gente pensante, insieme, che si dedicava a studiare la società e le sue dinamiche, che si poneva domande, che discuteva e discuteva ancora, avrebbe sicuramente dato vita a qualcosa, avrebbe formulato dei pensieri, cercato di convincerci forse, stravolto in qualche modo la routine anche di chi con l’università non aveva mai avuto nulla a che fare o forse sapeva a malapena che esistesse.
Ora è tutto al contrario. Gli studenti non sono scomparsi dall’attualità, certo, ma sono quelli che “appoggiano”, quelli che “vengono coinvolti”, quelli che “partecipano” ai movimenti. Un tempo gli studenti erano i movimenti.  
Tra le mura dell’università, le stesse, nella maggior parte dei casi, in cui anche oggi si studia, prendevano vita nuove correnti di pensiero che, una volta “mature”, lasciavano il “nido” e si alimentavano attraverso la società. Oggi, invece, quello che si vede è un’università cassa di risonanza per istanze nate, nella maggior parte dei casi, altrove. Uno strumento efficace, ricercato e corteggiato, ma pur sempre uno strumento e forse per questo meno forte e meno riconosciuto di un tempo.
F.Re

(foto Unitn.it)