“Padoan si è preso lo sconto scommettendo che l’Europa non avrebbe detto di no”

Stefano Feltri dal Festival dell'economia parla delle mosse di Padoan e di legge elettorale!

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"Padoan si è preso lo sconto scommettendo che l’Europa non avrebbe detto di no"
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di Michele Citarda

Guardando ai nostri confini. Ieri durante il pomeriggio, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha fatto riferimento allo sconto che l’Ue concederà all’Italia in ottica legge di bilancio.

Sono un grande ammiratore di Pier Carlo Padoan perché riesce a parlare molte ore senza dire nulla di giornalisticamente titolabile. Per cui bisogna sempre andare a scavare e cercare se tra tutte le dichiarazioni ci sia qualcosa di concreto perché è prudentissimo. Al netto di questo prudenza però quello che si è carpito è che c’è una grande fiducia sul fatto che la commissione europea sia completamente dalla nostra parte riguardo i conti pubblici. Non era una cosa scontata perché il momento di Renzi come argine del populismo era più rilevante un anno fa. Anche se adesso andiamo ad elezioni non c’è un rischio simile  a quello che si paventava quando la Le Pen era in ascesa.  Il ministro Padoan ha scritto a Bruxelles martedì chiedendo sostanzialmente di più che dimezzare lo sforzo di bilancio richiesto all’Italia nel 2018. Dire richiesto può far sembrare che sia stata l’Europa a chiedercelo. In realtà siamo stati noi a scriverlo nel documento economia e finanza un mese fa. Padoan ha detto che anziché correggere il saldo strutturale, cioè il deficit corretto per gli effetti del ciclo economico del 0,8%, faremo solo il 0,3%. Uno sconto che vale circa 9 miliardi nella manovra e nella legge di bilancio di autunno. Ha scritto questa cosa lo stesso giorno in cui è arrivata la revisione del Pil nel primo trimestre che secondo l’istat è cresciuto il doppio di quanto sembrava anche se poi c’è tutto un dibattito su quanto questa crescita sia solida. Padoan quindi dice teniamo questo sconto. Ieri Renzi ha dato un’intervista al Sole 24 ore in cui ha detto che l’Europa deve capire che non si continua così e che le regole per l’Italia devono cambiare. Poi ha anche rincarato la dose su tutta la questione delle banche venete su cui invece Padoan non ha parlato. Se proprio vogliamo vedere una notizia in quello che ha detto Padoan, ad un certo punto lui ha detto “l’anno prossimo tornerò qui al Festival dell’economia da pensionato dell’Università di Roma”. Questo può sembrare una banalità perché la legislatura sta finendo. Non è così scontato che finisca il ruolo di Padoan che è rimasto l’unico ministro ed interlocutore istituzionale dell’Ue a Roma. Quindi un suo modo per chiamarsi fuori non era scontato. Ciò vuol dire, per esempio, che se ci fosse un altro governo Renzi Padoan pensa di non essere il ministro dell’economia. Tutto può cambiare ma queste sono le notizie di oggi.

Certo una dichiarazione importante anche in funzione dell’esito delle prossime elezioni, specialmente se a vincerle dovesse essere proprio Renzi. L’Italia può beneficiare di questo sconto anche tenendo lo sguardo agli altri paesi europei come Germani e Francia. Specialmente al neoeletto presidente francese Emmanuel Macron conviene più flessibilità in ottica bilancio.

Sì, assolutamente. La Francia, e non se ne parla quasi mai, è sotto procedura di infrazione da quasi 10 anni perché ha sempre avuto un deficit sopra il 3% che è la famosa quota del Trattato di Maastricht. Mentre l’Italia è stata sempre al di sotto di tale soglia, almeno negli ultimi anni. Cosa succede? Nel 2018 la Francia dovrebbe tornare al di sotto del 3% e quindi esce dal braccio correttivo del patto di stabilità ed entra nel braccio preventivo che è quello nostro dell’Italia. Il che vuol dire che perde una serie di vincoli dovuti ai paesi che dovevano correggere il proprio deficit ma ha degli obiettivi più ambiziosi. Quindi Macron si troverebbe a fare subito dell’altra austerità per evitare di tornare sotto procedura di infrazione. Chiaramente a Bruxelles nessuno ha voglia di complicare subito la vita a Macron, perché Macron è la sponda di Angela Merkel dopo le elezioni tedesche del 24 settembre. E quindi c’erano due opzioni. La prima era  quella di cambiare la formula del calcolo dell’austerità che si chiama output gap. La seconda era tenere la formula attuale e dimezzare il risultato e cioè dire: se dovete fare 5 miliardi ne potete fare 2,5. Si sta andando verso questa direzione. Padoan si è preso lo sconto scommettendo che l’Europa non avrebbe detto di no. Al momento sembra che la sua scommessa sia giusta perché ieri il commissario Pierre Moscovici ha detto sostanzialmente che con Padoan ci si trova bene e che quindi l’Italia deve avere fiducia nella commissione.

Ultima domanda. In ottica elezioni. Si andrà a votare in autunno o a Febbraio e quale possibile scenario potrà verificarsi?

Abbiamo iniziato la settimana convinti che si sarebbe andato a votare assolutamente tra settembre ed ottobre, la stiamo chiudendo con molte meno certezze. L’accordo sulla legge elettorale è meno netto di come sembrava all’inizio e si sta complicando parecchio. Bisogna vedere se i 5S si faranno andare bene una serie di cose che per loro erano inaccettabili come l’eccesso di potere dei partiti nello scegliere i prossimi deputati e poi perché, appunto, tutta questa partita di bilancio è più semplice se viene gestita dal governo in carica piuttosto che da un governo o appena insediato o in carica solo per gli affari correnti come succede dopo il voto. La risposta quindi non c’è. Se si trova l’accordo sulla legge elettorale che regge si va sicuramente a votare, se invece si trascina stancamente con queste rotture quasi  quotidiane dentro i grossi partiti o tra i partiti grossi e quelli piccoli, si potrebbe andare a votare, quasi a sorpresa, verso il 2018. Renzi lo sta già dicendo, sei mesi prima o sei mesi dopo non cambia niente. Essendo lui quello che aveva fretta di andare a votare, sembra un’apertura ad ogni scenario. Di certo ne capiremo meglio la prossima settimana.