Un permesso umanitario per non morire

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Un permesso umanitario per non morire
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Testimonianze dal presidio organizzato il 22-05-2012 in Piazza d'Arogno dai richiedenti asilo provenienti dalla Libia; di seguito il volantino distribuito durante l'iniziativa e l'appello lanciato da Melting Pot:  

                             
                               UN PERMESSO UMANITARIO PER NON MORIRE

 
Siamo un gruppo di ragazzi arrivati dalla Libia a causa della guerra che c'è stata lo scorso anno, una guerra che ci è esplosa sopra le teste.
Siamo dovuti scappare abbandonando tutto quello che avevamo.
 
Eravamo arrivati in Libia dopo aver lasciato i nostri paesi d’origine per motivi diversi e là abbiamo trovato lavoro. I nostri Paesi d'origine sono molti: Bangladesh, Benin, Burkina Faso, Camerun, Ciad,  Congo, Costa d'Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Libia, Mali, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Siria, Somalia, Sudan. In Libia avevamo potuto costruirci una vita con delle certezze. Nessuno aveva mai pensato di venire in Italia o in Europa. Solo la guerra ci ha costretto ad imbarcarci, ad attraversare il Mediterraneo, rischiando la vita per scappare dalle bombe. Altri nostri fratelli sono riusciti a ritornare nei propri paesi di origine, ma per noi questo non è stato possibile. Pensate che se avessimo potuto rientrare nei nostri paesi, dalle nostre famiglie, ora saremmo qua? Non c'è niente come la propria casa!
Siamo stati costretti ad affrontare una scelta inevitabile, il mare aperto che, alcuni di noi, non avevano mai visto nella propria vita e di cui erano terrorizzati. Molti, purtroppo, non ce l’hanno fatta.
 
Ora siamo ospiti qui in Trentino, dove ci avete accolti bene e ve ne ringraziamo, ma abbiamo bisogno di documenti per ricostruire la nostra vita e immaginare il nostro futuro. La legge italiana prevede la concessione del permesso di soggiorno per scopi umanitari a chi scappa da una guerra, ma per noi non è stato così. L'unica cosa che abbiamo potuto tentare è stata la richiesta di asilo, ma il percorso è lungo, costoso e dall'esito incerto. Per molti di noi infatti la risposta è stata negativa e ci troviamo al punto di partenza.
 
Non possiamo tornare in Libia dove vivevamo da anni. Lì rischiamo la vita, perché, dopo che è scoppiata la guerra, la situazione per noi stranieri è diventata pericolosa. Tanti credevano che noi fossimo mercenari di Gheddafi. Non possiamo tornare nei nostri paesi d’origine per problemi politici e sociali. Non possiamo rimanere in Italia perché, senza permesso di soggiorno, saremo clandestini e trattati come criminali: questa non è vita.
Siamo bloccati, in attesa di una risposta che non si sa quando arriverà.
Senza documenti come si vive? Cosa si può fare?
Nella situazione di vuoto ed incertezza in cui ci troviamo la tristezza, la delusione, la frustrazione, il senso d’impossibilità rischiano ci stanno trascinando nella depressione.
 
Un nostro fratello ieri sera, triste, deluso e disperato, senza nessuna speranza, ha cercato di togliersi la vita.
NON POSSIAMO E NON è GIUSTO CONTINUARE A NON VIVERE!
Vogliamo una vita degna di questo nome!
 
Il permesso umanitario ci darebbe il tempo e la possibilità di cercare un lavoro.
 
Chiediamo aiuto e solidarietà a tutta la popolazione del Trentino, al Presidente della Provincia, al Vescovo e alla Chiesa, alle associazioni, affinché ci venga data la possibilità di costruire la nostra vita, ci venga rilasciato un permesso che ci permetta di trovare un lavoro e vivere con dignità. Potremmo così contribuire a realizzare insieme la società del futuro.
Siamo uomini capaci ed intelligenti con tanta voglia di vivere liberi, lontani dalla guerra e lavorare in un mondo giusto!
 
 
 
Assemblea dei richiedenti asilo                                                                    Trento, 22 maggio 2012
 
PER CHI VUOLE INCONTRARCI E SOSTENERCI
VENERDI'PROSSIMO ALLE 15.00
CI RITROVEREMO A TRENTO IN PIAZZA D'AROGNO

 

Diritto di scelta – Petizione per il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia

 
Sono approdati sulle nostre coste durante il conflitto in Libia, per fuggire alle violenze o perché costretti ad imbarcarsi su pericolose carrette dalle milizie di Gheddafi.
Oltre 25.000 richiedenti asilo sono ospitati all’interno del Piano di Accoglienza affidato dal Governo alla Protezione Civile.
Centinaia di enti in tutta Italia, con modalità e standard disomogenei, stanno provvedendo alla loro ospitalità al di fuori del circuito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Ma ogni sforzo, ogni risorsa messa a disposizione, ogni percorso di inserimento, rischiano di risultare vani senza la garanzia di un futuro, senza la prospettiva di un titolo di soggiorno che permetta loro di scegliere se stare o ripartire, se tornare in Libia o al proprio paese d’origine.
Pur provenendo dalla Libia, sono nati in Somalia, in Eritrea, in Ghana, in Nigeria, nel Mali, nel Ciad, in Sudan, in Costa d’Avorio, in Bangladesh o in Pakistan, per questo rischiano di vedere rigettata la loro domanda d’asilo dalle commissioni territoriali che già stanno procedendo al diniego nella stragrande maggioranza dei casi.
I ricorsi, molto onerosi, non saranno comunque in molti casi sufficienti, così, dopo aver subito la violenza delle torture libiche o la minaccia dei bombardamenti, il destino di migliaia di persone rischia di essere l’irregolarità.
Non possiamo permettere che nelle nostre città, nei quartieri e nelle strade che abitiamo, sia ancora una volta alimentato lo spazio d’ombra della clandestinità, consegnando migliaia di donne e uomini allo sfruttamento o ai circuiti della criminalità.
Per questo, chiediamo l’’immediato rilascio di un titolo di soggiorno umanitario attraverso l’istituzione della protezione temporanea (art 20 TU) o le altre forme previste dall’ordinamento giuridico.
Una questione di dignità, di democrazia e di giustizia.
Progetto Melting Pot Europa
 
Sottoscrivete l’appello, diffondetelo. Mobilitiamoci in ogni città.
 
Il link per firmare:
 
http://www.meltingpot.org/articolo17149.html