Racconti della occupazione: il 1968 a Trento

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Racconti della occupazione: il 1968 a Trento
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di Anna Kovaleva

Quest’anno si ricorda il 50esimo anniversario dall’occupazione dell’Università di Trento, avvenuta tra il 31 gennaio e il 7 aprile del 1968. Per l’occasione, abbiamo pensato di raccontarvi in prima persona gli eventi che hanno segnato la storia della nostra città in quegli anni. Proponiamo alla vostra attenzione tre brevi interviste, a cadenza settimanale, a Marco Boato, sociologo, giornalista, ricercatore universitario e più volte parlamentare, nonché rappresentante degli studenti presso l’Università di Trento nel 1968.

Il Sessantotto”. Con quest’espressione viene designato il fenomeno socio-culturale che ha interessato diversi Paesi del mondo alla fine degli anni Sessanta, segnato da grandi movimenti di massa composti da studenti, operai, ma anche gruppi etnici minoritari che portarono avanti una lunga contestazione contro i pregiudizi socio-politici, l’autoritarismo e si batterono in generale per una visione più moderna del mondo. Dagli Stati Uniti, i movimenti di protesta si dilagarono rapidamente anche in Europa: Francia, Germania, Cecoslovacchia (la “primavera di Praga”) e in Italia. In diverse università italiane cominciano a formarsi movimenti studenteschi cercando di dare voce agli studenti, battendosi per i propri diritti, contro un sistema accademico troppo chiuso. Trento, al termine di un percorso per molti versi conflittuale, divenne uno dei luoghi emblematici dei movimenti di protesta che segnarono la fine degli anni Sessanta e a questo concorsero l’istituzione della Facoltà di Sociologia, la generale maturazione del tessuto culturale e il progressivo sviluppo del movimento operaio stimolando il processo d'innovazione del territorio.

In questa intervista Marco Boato ci racconta il clima che si respirava a Trento a partire dal 1966 e gli avvenimenti che hanno portato all’occupazione della Facoltà di Sociologia per due mesi e sette giorni nel 1968.

Il suo libro si intitola “Il lungo ’68 in Italia e nel mondo. Cosa è stato e cosa resta”. Che cosa è stato il ’68 per Lei e perché è proprio questa la data che ha scaturito una nuova coscienza in Italia e nel mondo?

Il ’68 è stata una data cruciale, gli storici dicono una data periodizzante. A differenza ad esempio della Francia, dove si parla di “maggio del ’68”, in Italia l’importanza di questo anno la si capisce meglio se si guarda anche agli anni precedenti e quelli successivi. Trento nel ’68 ha rappresentato un unicum nel panorama italiano e europeo da molti punti di vista: innanzitutto c’era un’università giovane, nata nel 1962, quindi aveva soltanto 6 anni di vita ed era l’unica Facoltà di Sociologia in Italia all'epoca istituita grazie a Bruno Kessler. Diversi studenti da tutt’Italia erano fortemente motivati a venire a Trento non solo per studiare sociologia, sia dal punto di vista scientifico e culturale, ma anche per uscire dalla vecchia cultura idealistica che aveva egemonizzato l’accademia italiana per più di un secolo. Noi volevamo una conoscenza scientifica innovativa rispetto alla tradizione. C’era la volontà di studiare scientificamente le scienze sociali per avere uno strumento conoscitivo per cambiare la società, possiamo dire che gli studenti di allora avevano una motivazione quasi “politica”. Questo spiega il motivo per cui nella facoltà di sociologia si costituisce un movimento che ha le sue prime espressioni già nel 1966 con due occupazioni pacifiche della facoltà.

La prima occupazione della Facoltà di Sociologia si ebbe a gennaio del 1966 e mirava a mantenere questo spirito innovativo della Facoltà di Sociologia (che all’epoca voleva essere assorbita nella facoltà di Scienze Politiche) ed ebbe il consenso dell’autorità politica, accademica e anche della cittadinanza, che fu molto solidale con noi.

La seconda occupazione del ’66 fu più conflittuale perché, una volta ottenuto il riconoscimento di sociologia (con una legge del giugno ’66), bisognava fare nuovo statuto e nuovo piano di studi della facoltà. A noi studenti avevano promesso di farlo con una commissione paritetica, ma dopo hanno cambiato i piani. Per mesi abbiamo cercato di convincere l’autorità accademica di allora di mettere in piedi una commissione paritetica studenti-docenti e studiare insieme lo statuto e il piano di studi; non ci fu compartecipazione e quindi occupammo di nuovo l’università tra ottobre e novembre del 1966 e preparammo un piano di studi alternativo. Il nostro piano era frutto di un lungo lavoro di riflessione sulla figura del sociologo, sul rifiuto dell’impostazione troppo empirica della sociologia; noi eravamo più favorevoli ad un’impostazione storico-comparativa, perché volevamo che studenti che uscivano da questa facoltà avessero una consapevolezza problematica della società in cui si inserivano, che non fossero soltanto dei tecnici.

Il ’67 fu segnato da “Una settimana per il Vietnam”, un grande movimento internazionale contro la guerra in Vietnam che interessò diversi Paesi del mondo e che non passò inosservato nemmeno a Trento, dove gli studenti organizzarono diverse iniziative dedicate al tema.

Tutto questo per dire che il ’68 fu un momento esplosivo della contestazione studentesca, ma non nacque dal nulla. Il fatto che ci fosse la Facoltà di Sociologia e che noi volessimo studiare la società per cambiarla di fronte alle ingiustizie e all’autoritarismo fu determinante per fare di Trento una situazione particolare nel quadro internazionale.

Nella notte fra il 30 e il 31 gennaio del 1968, in seguito ad un’assemblea studentesca protrattasi dalle 19 alle 4 di notte, la maggioranza votò per l’occupazione, la quale durò due mesi e sette giorni, dal 31 gennaio fino al 7 aprile. Il 31 marzo facemmo l’accordo con il comitato ordinatore per concludere occupazione. 

L'audio integrale dell'intervista è disponibile nel box.