La montagna, il cinema, il festival

Inervista a Sergio Fant del Trento Film Festival

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Fa parte della serie

di Lorenzo Zaccaria

Siamo con Sergio Fant, responsabile del programma cinematografico del Trento Film Festival, festival che quest’anno giunge alla sua 66esima edizione.

Ci puoi dire innanzitutto cos’è il Trento Film Festival?

Il festival è alla sua 66esima edizione e questo è un dato importante: dice già qualcosa sulla storia di questo evento nel senso che l’unico festival cinematografico in Italia più longevo di Trento è quello di Venezia, un illustre concorrente. Il festival ha una storia lunghissima, credo addirittura sia il primo festival di cinema tematico al mondo; sessantasei anni fa scegliere di fare un festival cinematografico dedicato alla montagna è stata un’idea abbastanza originale e curiosa. Noi abbiamo voluto continuare a lavorare nello spirito di questa idea, sicuramente un'idea innovativa, e questo ha voluto dire non sedersi sulla propria storia ma continuare a esplorare le possibilità offerte dal tema. Per fortuna i film non mancano, quest’anno sono circa centotrenta i film in programma divisi su dieci diverse sezioni per orientare i frequentatori. C’è anche una ricchissima parte di eventi non prettamente cinematografica: presentazioni letterarie, concerti, spettacoli, incontri dal vivo e molto altro. Quindi un evento interdisciplinare a trecentosessanta gradi sempre intorno al mondo della montagna, cercando di rappresentarne più punti di vista possibile.

E un altro punto focale oltre alla montagna è quello dell’interesse verso una nazione estera, che può collegare la piccola Trento a un panorama internazionale.

Sì, tu ti riferisci a quella che è una delle più recenti sezioni del festival. L’idea nasce dal desiderio di soffermarsi e approfondire uno dei paesi attraversati dal nostro programma (non dico che attraversiamo cento paesi ma quasi!). L’anno scorso abbiamo toccato l’Islanda ed è stato un grande successo, quest’anno crediamo di aver scelto un altro paese che possa suscitare l'interesse di tutti: il Giappone. È la seconda volta che ci spostiamo in Oriente, qualche anno fa eravamo stati in India, però è la prima volta che ci spostiamo fino in Estremo Oriente. Su questo paese sono stati scelti tredici film, tra lunghi e corti, per offrire una sorta di istantanea di quello che è il Giappone nel suo rapporto con la montagna, un elemento centrale nella sua spiritualità e nella sua cultura. Vogliamo raccontare un Giappone meno noto, non quello delle grandi metropoli, della cultura pop e la tecnologia ma osservare i suoi spazi rurali, la tradizione e sopratutto ci sarà inevitabilmente l’impronta del terremoto del 2011 e di conseguenza lo tsunami e il disastro della centrale di Fukushima. Usciranno diversi spunti che non mancheranno di interessare i fruitori.

Ci sono eventi in particolare che ci vuoi suggerire?

Nel programma ci sono moltissimi percorsi, il primo suggerimento è quello di seguire il fine concorso. Sono 25 i film finalisti quest’anno, quelli che secondo noi sono stati i più originali, i più forti e i più belli. Un’idea suggerita è quella di venire a scoprire questo concorso alla cieca, ormai da anni i nostri frequentatori hanno sviluppato fiducia nell’offerta del programma costruito su film che offrono esperienze uniche e singolari. Un altro suggerimento sono le anteprime, tutte le sere al cinema Vittoria alle nove, per rompere un po’ il ritmo delle programmazioni documentarie del concorso. Sono film di fiction scelti dai grandi festival internazionali che vengono in Italia in anteprima prima di entrare nella grande distribuzione. Inoltre nella serata di apertura ritorna, dopo qualche edizione, il cinema muto che sarà in sala al teatro sociale accompagnato da un’orchestra di quaranta elementi con una partitura composta da Carlo Crivelli, uno dei maggiori compositori cinematografici di oggi. Il film è “Visages d’enfants” (1925) di Jacques Feyder, uno dei capisaldi del cinema europeo e uno dei massimi esponenti del muto di montagna. Musica dal vivo e immagini restaurate; io consiglio a tutti di vederlo perché se si immagina il muto come qualcosa di noioso assistere a una proiezione del genere fa veramente cambiare opinione.

Ringrazio Sergio Fant per l'occasione concessa.

img. source: pexels.com