Intervista a Edoardo Meneghini: Consiglio degli Studenti, movida e scissione Udu-Unitin

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Intervista a Edoardo Meneghini: Consiglio degli Studenti, movida e scissione Udu-Unitin
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di Michele Citarda

A novembre scorso si sono tenute le elezioni studentesche. Il nuovo Consiglio degli Studenti dell’Università di Trento ha iniziato così il suo mandato a dicembre. Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche opinione con il suo Presidente Edoardo Meneghini.

Edoardo, cosa è stato fatto finora da dicembre, mese in cui sei stato eletto? Un primo bilancio?

La prima parte dell’ insediamento di un nuovo Consiglio degli Studenti è si basa molto sul creare relazioni con gli uffici già presenti, con gli uffici dell’Università, con il suo personale amministrativo. Quindi abbiamo passato una fase conoscitiva in cui ci siamo incontrati, conosciuti e in cui ci siamo scambiati delle idee. A Trento abbiamo la fortuna di un lato universitario che ascolta molto le opinioni degli studenti. C’è un grande interesse ad ascoltarci, che si tratti del Rettore o del Diretto Generale. Quindi questa è stata una prima fase  in cui ci siamo scambiati idee su vari temi: il ruolo può avere l’Università nella connessione tra studenti e mondo del lavoro, oppure dal punto di vista culturale nelle tematiche di equità e pari opportunità, o anche progetti futuri che adesso sono in fase di sviluppo. Abbiamo, per esempio, un progetto sui beni comuni che abbiamo chiamato informalmente “Unitrento condivisa”, in cui sono gli studenti stessi a collaborare per migliorare l’Università. Abbiamo in cantiere tanti progetti che in questo periodo si stanno avviando soprattutto all’interno dei gruppi di lavoro in cui si è diviso il Consiglio degli Studenti che, appunto, con i suoi 19 membri insieme ad altri rappresentanti esterni individuati dal Consiglio stesso si configura nei diversi gruppi di lavoro divisi per aree tematiche. Da quello che si occupa dei servizi informatici, a quello che tratta la carta dei diritti dello studente, passando per vari altri gruppi.

Vi siete insediati a dicembre, mese in cui Udu e Unitin, dopo aver condotto la campagna elettorale insieme, si sono scisse. Da un punto di vista personale ti sei sentito delegittimato e, in secondo luogo, la scissione condizionerà o ha già condizionato l’operato del Consiglio?

SI sono già espresse molte persone e non voglio essere ripetitivo. La cosa più importante da capire di questa scissione è il perché sia avvenuta. Non sono gli obiettivi ad essere diversi, piuttosto i metodi. Udu e noi di Unitin abbiamo obiettivi abbastanza simili, soprattutto riguardo la direzione in cui vogliamo muoverci. Noi siamo una realtà indipendente locale e loro devono seguire una realtà nazionale. Va da sé che abbiamo dei metodi diversi per perseguire i nostri obiettivi. Questo per dire che non c’è una differenza grossa di ideali. Non è che ci siamo resi conto di una barriera di cui ci siamo accorti solo in quel momento. La cosa che dispiace è che uno studente dall’esterno possa vedere questa cosa come un ragionamento che prima ci vedeva insieme in campagna elettorale e poi di colpo non più a giochi fatti. C’è stata una grande disposizione da parte mia, e sicuramente da alcuni membri di Udu, di collaborare. Siamo due realtà grandi ed è logico che, stando stretti, qualcuno deve rinunciare un po’ alla propria identità. La conclusione è quella a cui siamo arrivati. Quello che è successo alla prima seduta del Consiglio (in cui è stato eletto il Presidente ndr)è che Udu si è astenuta dalla votazione. Questo non per dubbi sulla mia persona, anche perché conosco personalmente quelle persone. Non mi sento per nulla delegittimato. Penso sia stato un gesto politico cui normalmente non siamo abituati. Ne abbiamo preso atto. Le modalità che sono seguite relative alle pagine facebook che avevamo in comune con Udu, gestite e portate avanti insieme per quattro anni, e da cui sono stati defenestrati i nostri rappresentanti, sono state discutibili. La sostanza è però riuscire a fare un buon lavoro per gli studenti. Se ciò significa mettere da parte l’identità dell’associazione, per me è una cosa che va fatta assolutamente e che all’interno del Consiglio stiamo cercando di fare. Mi sento di dire che adesso è qualcosa che è stata messa da parte e dimenticata.

Ne sarà felice la comunità studentesca. Altro tema spinoso che tiene banco da settimane la movida notturna nel centro di Trento. C’è un tavolo per interfacciarsi con l’amministrazione locale che è stato interpellato tardivamente?

Questo tavolo,  cui partecipa una componente di rappresentanza studentesca – cioè me- e una componente del tessuto associativo (Udu e Unitin) insieme ai due assessori Corrado Bungaro (cultura) e Roberto Stanchina (turismo), è un tavolo nato con l’intenzione di mettere d’accordo gli stakeholders della città: i residenti, gli studenti, gli esercenti e l’amministrazione. Queste componenti devono trovare la quadra è spesso è molto difficili. Dopo la prima ordinanza con cui si anticipava la chiusura della Scaletta è stato convocato questo tavolo. Si è discusso e si è prospettata una soluzione condivisa. Dopo vi è stata un’incomprensione alla luce di un concerto organizzato da un collettivo universitario nella piazzetta del liceo-conservatorio. L’amministrazione ha reagito con un’ordinanza che bloccava il consumo di alcolici in quell’area. Noi siamo arrivati alla seconda seduta di questo tavolo perplessi sul non aver trovato la soluzione condivisa com’era stato detto. Le nostre motivazioni partono da un concetto basilare: movida è socialità che si muove per la città, sta nella stessa radice della parola. Se invece si tratta di un qualcosa che insiste sempre nello stesso posto diventa un focolaio ed è naturale che diventi un problema anche per i residenti. La scaletta che è l’osteria coinvolta maggiormente da questa polemica genera problemi perché non si parla di 20/40 persone ma di 200 e la conformazione architettonica della via non aiuta. È naturale che ciò significa rumore, bicchieri per terra e tutto il resto. Il problema della scaletta non può essere spostato per l’ennesima volta in 10 anni da un’altra parte perché altrimenti  diventa un circolo vizioso. Ci piacerebbe essere la generazione di studenti che cerca di trovare una soluzione che ponga fine a questo problema. La soluzione potrebbe partire dal fatto che questa movida diventi tale diffondendosi, che si possa avere musica dopo una certa ora, che nei locali si possa avere un’offerta ricreativa e culturale. A Trento gli studenti sono quasi 15 mila ed è giusto che venga riconosciuto loro un ruolo dalla città. Questo perché porta beneficio agli studenti ma anche agli esercenti. Anche l’opinione pubblica è d’accordo a volere una città viva che fa un po’ di rumore anziché una città deserta dopo una certa ora.

I benefici, credo sia oggettivo, sono maggiori rispetto agli aspetti negativi della questione.

Allo stesso tempo capiamo e teniamo in considerazione le ragioni dei residenti. I comportamenti da scoraggiare ci sono e noi cercheremo di creare delle circostanze per fare in modo che questi non si verifichino. Cerchiamo di metterci nei panni dei residenti ma ricordiamo che Trento è una città con un centro storico piccolo ma pur sempre universitaria con i relativi studenti.

La percezione degli studenti è che l’amministrazione locale sia un muro. Sono anche le ordinanze a confermarlo però almeno c’è un dialogo.

Il dialogo c’è e condividiamo con l’amministrazione la volontà di risolvere il problema con una certa progettualità nel tempo. Sono d’accordo anche loro a sedersi con studenti, esercenti e residenti per trovare una soluzione a lungo termine. La volontà c’è e anche la disposizione al dialogo. Quindi un muro non c’è. In particolare, l’assessore Bungaro si è mostrato molto vicino alle nostre posizioni. Tuttavia, le parole devono anche essere supportate dai fatti. Se l’amministrazione si dice disposta a risolvere il problema per gli studenti e i residenti, ben venga. Questo però comporta delle decisioni in tal senso. Se effettivamente la si pensa nello stesso modo, bisogna fare  in modo che questa ordinanza non venga approvata o che lo sia in maniera diversa rispetto alla mozione con cui è stata approvata.

Per concludere e tornando al Consiglio, quali sono i progetti e gli obiettivi futuri?

Ci siamo dati tanti macrotemi e obiettivi più piccoli. Innanzitutto, considerare non solo la maggior parte degli studenti ma anche le minoranze. Quindi, alcuni obiettivi principali sono legati al miglioramento della didattica, specialmente in alcuni dipartimenti in cui sappiamo esserci problemi. In Consiglio cerchiamo di coordinare tutta la rappresentanza studentesca. Diminuire i tempi di laurea, fornire una didattica innovativa. Un altro tema è quello del lavoro e quindi migliorare il servizio di placement che può offrire l’Ateneo. Sugli spazi c’è molto da fare sia in città che in collina: migliorare gli spazi studio e le mense – e ci stiamo già muovendo con i nostri rappresentati con l’Opera Universitaria – ma anche spazi ricreativi e anche cercare di offrire qualcosa di più agli studenti di Rovereto che al momento hanno pochi servizi. Dopodichè lavorare ancora sul diritto allo studio, per garantire agli studenti di poter partire dallo stesso livello a prescindere dal background sociale ed economico. Che tutti possano accedere alla formazione universitaria. Altri temi riguardano gli stranieri, gli studenti lavoratori. Stiamo cercando di pensare a tutti e siamo aperti ad ascoltare qualsiasi proposta degli studenti.