Intervista a conclusione del Trento Film Festival a Sergio Fant

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Intervista a conclusione del Trento Film Festival a Sergio Fant
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Fa parte della serie

di Giuseppe Tirelli

Sergio, come è andata questa edizione del Trento Film Festival?

L'edizione sta andando ancora molto bene dal punto di vista dei numeri che sono però solo un aspetto della faccenda; bene anche dal punto di vista della qualità della programmazione, di come è stata ricevuta, abbiamo annunciato appena adesso le Genziane d'oro e d'argento e i vari premi speciali, vediamo che tanti film per noi imporanti sono stati riconosciuti dalla giuria e dalle tante giurie che assegnano i premi collaterali. Abbiamo questo importante feetback dal pubblico che vuole raccontarci le sensazioni che ha provato andando al cinema ed agli incontri, ed è questo ciò che poi tiene vivo il festival. Anche quest'anno è un'emozione vedere come questo lavoro di mesi e mesi dia i suoi frutti.

Si può dire che l'obiettivo implicito è quello di provare a dare risposte e non solo porsi domande sui grandi temi che ci circondano?

Si, noi dipendiamo dai film che sono in circolazione. La scelta è logicamente orientata su film che possano far riflettere, ragionare, far discutere. In questo senso ci sono sì le grandi storie di montagna e di avventura, ma ci sono anche grandi storie che puntano l'attenzione su aree/regioni geopoliticamente complesse e rispetto alle quali c'è molto interesse a capirne di più: Kulistan, Land of Roses ci porta sul fronte della battaglia contro lo stato Islamico, oppure amatissimo dal pubblico. Those who remain dove siamo in Libano e viviamo la situazione di un paese che, a fronte di 4 milioni di abitanti, sta accogliendo un milione e mezzo di rifugiati. Insomma è importante che il festival faccia anche questo e che il pubblico si interessi anche a questi aspetti.

Ha già in mente obiettivi per la prossima edizione?

Intanto la prima preoccupazione sarà capire quale sarà il paese a cui dedicare la sezione “Destinazione”, quest'anno infatti l'Islanda è stata una mania collettiva. Abbiamo avuto le sale sempre sold-out per i film islandesi, per le mostre e gli incontri. Quindi sarà una bella sfida capire quale sarà il Paese a cui dedicare il programma l'anno prossimo. Io nella mia cartella di appunti ho gia una trentina di film già annunciati a livello internazionale per cui sì, il lavoro comincerà a breve e l'obiettivo è quello di trovare una programmazione non più ampia, credo che 130 film in programma siano sufficienti, ma che qualitativamente, a livello di interesse sia sempre più forte.

Pensa ci sia stato un forte interesse del mondo giovanile per il Trento Film festival, quest'anno?

Mi fa piacere tu me lo dica, io sono sempre un po' pessimista in quanto vorrei vedere sempre più ragazzi, più studenti universitari al cinema. Devo dire che quelli che vengono poi sono entusiasti, abbiamo una giuria di studenti universitari, abbiamo i ragazzi del Liceo Prati che seguono il festival nell'ambito di questo progetto e sono coinvoltissimi. Per cui io sono Sicuro al 100 per cento che tutti i ragazzi, tutti i giovani che mettessero piede al festival, come quelli che ieri sera per esempio hanno riempito la sala per “Attack of the… zombies” consigliato anche da voi, uno splatter horror commedia in cui abbiamo fatto tardi divertendoci. Sono certo che, quindi, l'interesse c'è per cui l'anno prossimo la sfida è quella di coinvolgere ancora più studenti, ancora più ragazzi, nella manifestazione.