di Lucia Rosanna Gambuzzi
La basilica minore di Santa Maria Maggiore – che deve l'aspetto che ancora oggi conserva al cardinale Bernardo Clesio, che ha ospitato il Concilio di Trento, in cui si trova l'organo a canne Mascioni – può essere definita, a buon diritto, uno degli edifici storici di maggior rilievo culturale della regione. Tuttavia, nell'immaginario collettivo a noi contemporaneo, questa chiesa e la sua piazza sono considerate il fulcro di una serie di attività pericolose e criminali, una sequela di realtà diverse che inizia con spaccio e finisce con degrado. Ma quando si dice che si combatte per una maggiore sicurezza nella zona della Portela, che lotta si sta combattendo veramente? Cosa succede davvero in piazza Santa Maria Maggiore?
Per essere oggettivi, per non lasciarsi trascinare dall'autoreferenzialità e dai triti titoloni scandalistici che gridano al degenero morale in piazza Santa Maria, potrebbe risultare utile ad un qualsiasi cittadino di Trento portare un visitatore esterno in piazza Santa Maria Maggiore, un amico, un conoscente che con sguardo nuovo vi ricordi che non stiamo parlando affatto delle porte dell'inferno, ma di una realtà piuttosto banale: quella di cui tanto si parla, altro non è che una delle tante piazze italiane che si trova in una zona di forte ghettizzazione – fenomeno questo prevedibile e sociologicamente spiegabile nelle dinamiche di espansione di una qualsiasi città -, la quale risente di un vasto giro di spaccio – fenomeno questo tristemente diffuso, al di là delle apparenze, anche in Trentino. Il vostro ospite si girerà e vi chiederà “E quindi?” Quindi, in effetti, non c'è nulla di cui stupirsi o indignarsi così tanto, come se l'attuale fosse una situazione caotica ed ingestibile totalmente nuova e sbalordente: chi ci ha preceduto sui banchi dell'università di Trento, ci racconta di come simili dinamiche di illegalità fossero all'ordine del giorno ben prima della questione sorta intorno a Santa Maria Maggiore.
Negli ultimi mesi sono state prese delle contromisure al degrado, termine che viene impiegato per indicare una serie miscellanea di realtà presenti nel quartiere della Portela. Oltre ai presidi della polizia, ha fatto molto parlare, nel mese di ottobre, il restauro della piazza stessa, divenuta pedonale (“In Santa Maria ne droga né anarchia”, per chi mai avesse dimenticato). Tuttavia, evidentemente, questo cambiamento non è risultato sufficientemente efficace per bonificare la zona dallo spaccio. Si diffonde negli ultimi giorni invece la notizia di due nuove idee per arginare il dilagare del crimine in città:
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La fine dei festeggiamenti del Capodanno 2016 all'una in città perché “chi cerca divertimento dopo le due di notte vuol dire che cerca altro”: si tratta di un provvedimento seriamente ponderato o di una proposta di caccia al tesoro per le strade di Trento alla ricerca del famigerato “altro”? In caso, dove ci si iscrive? C'è già l'evento su Facebook? O forse è la ricerca di un Altro in senso filosofico – spirituale? Un discorso, questo del coprifuoco, che come già anticipato dalla giunta comunale, riguarderà anche la serata delle Vigiliane.
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Il divieto della vendita di alcolici da asporto nella zona, tra le ore 21 e le ore 7, questione di cui si è ampiamente dibattuto sui social e sulla stampa, ma che riassumiamo per chi se lo fosse perso in: divieto della vendita di alcolici da asporto nella zona, tra le ore 21 e le ore 7, imposto al pakistano adiacente al Picaro.
Come mai ci si è indignati tanto e a livello così capillare per l'attuazione di questa ordinanza? Che cosa sottintende una decisione del genere?
Il messaggio che si è evinto, la reazione dell'opinione pubblica lo conferma, è che una decisione del genere implichi una suddivisione della popolazione in due sottoinsiemi: quello di chi vota e quello di chi no. Da un lato, quindi, coloro in virtù dei quali viene applicato il principio così fortemente connotato in Trentino del “non disturbare”, della preservazione degli interessi economici, dall'altro coloro i quali fanno le spese – ed ingenti – di questi provvedimenti. In questa schematizzazione, seppur blanda e riduzionistica, si sottolinea che il vero intento di una manovra di questo genere è motivata da ragionamenti di natura economica e non civile: non è il degrado ad essere così combattuto, ma il fatturato della concorrenza (di chi a chi, è scontato). Contromisure, sì, ma con due pesi e due misure.
Dove si situa la classe studentesca in questa divisione? Nella totale ambiguità, perché se da un lato la presenza in città da più di cinquant'anni dell'università comporta inevitabilmente un aumento di capitale immesso nel mercato cittadino, la realtà studentesca ad oggi viene ancora non tanto percepita quanto fatta percepire come un ospite talvolta ingrato e sgradito, come una fonte di problemi, più che di risorse. Lo studente medio, che paga tasse e affitti, che alimenta – soprattutto in questi giorni – il business che ruota intorno ai mercatini e ad altre entità commerciali della città, diventa un agente scomodo nel momento in cui attua una scelta economica a sfavore degli interessi economici atavici e radicati di Trento. Anche questo comunica un'ordinanza del genere. Si può stare a Trento solo alle regole preesistenti di Trento? La componente studentesca della città non dovrebbe essere chiamata a collaborare al fine di crearne di nuove, di migliorare la città, invece di essere marginalizzata?
Nei fatti, c'è chi già ha rivisto alcuni punti cardine delle problematiche e ha dato una sua risposta alternativa rispetto ad alcuni aspetti dell'ordinanza. Molti si domandano, infatti, cosa possa davvero cambiare un provvedimento del genere: si legge che, agendo in questo senso, gli spacciatori e/o criminali di altra natura della zona di Santa Maria sarebbero disincentivati dal vandalismo, dalla violenza e dallo spaccio stesso. Semplicemente perché in quel preciso punto vendita non potranno comprare alcolici dopo le 21? Ebbene, ce ne sono altri di luoghi in cui comprare alcolici da asporto, non solo nel resto della città, ma a pochi passi dalla piazza di cui stiamo parlando. Questa non è una soluzione efficace, questo provvedimento che, in vigore fino al 31 gennaio 2016, potrebbe essere esteso anche per più tempo, non fa che ribadire l'incongruità e la miopia di una simile gestione, una manovra che appare inconsapevole del passato – da che mondo è mondo, il proibizionismo ha sempre comportato un aumento di consumo di alcol e di suo contrabbando, perché chi cerca trova, semplicemente riorganizzandosi diversamente – ma inconsapevole anche del proprio presente: si chieda al sindaco Merola di Bologna come è andata con il più volte reiterato coprifuoco alcolico di via Petroni, si domandi al comune di Padova del risarcimento ai pakistani economicamente danneggiati da manovre riconosciute come anticostituzionali. O, in segno decisamente contrario, si guardi a don Mergola che in piazza Saluzzo a Torino – che ospita ogni sera migliaia di ragazzi e le loro bottiglie – tiene aperta la chiesa per dare ai giovani un messaggio di apertura, di dialogo, di alternativa: ci si potrebbe mai immaginare una dinamica del genere a Trento? La chiesa di Santa Maria Maggiore terrebbe mai aperte le sue porte la notte, quale metafora di integrazione e di dialogo tra le diverse parti sociali – non solo quelle locali e votanti – che compongono questa città? Una luce in più la sera non sarebbe male, ma sembra che Trento, nello sforzo di ricacciare i problemi sotto al tappeto e di far chiudere i locali sempre prima, non si renda conto di lasciare così maggior libertà all'attività criminale. Più attività chiudono, più le strade si svuotano, meno sicuri per strada si è: viene affermato che il numero delle pattuglie con le quali garantire sicurezza in città sia scarso e/o insufficiente, ma la possibilità di poter vivere di più la città anche di notte permetterebbe ai cittadini di vegliare reciprocamente gli uni su gli altri, circostanza questa che non richiederebbe alcun fondo provinciale.
Presenza, non repressione, è sicurezza.
A risultare penalizzato da questo provvedimento sarà un particolare esercente, non gli spacciatori, né gli studenti, che hanno l'abitudine di frequentare piazza Santa Maria Maggiore per aperitivo, ben prima delle 21 e soprattutto d'estate. Sarebbe opportuno non tirare in ballo dinamiche di carattere civile e morale, quando si tenta di identificare il degrado con l'alcol, soprattutto da parte di una regione – e di una provincia – la cui cultura è intrisa di questo stesso alcol, dagli ottimi vini alle grappe del Trentino: sarebbe – e nei fatti è – quanto mai paradossale aggrapparsi al tormentone sociale dei “giovani vandali che bevono”, mentre allo stesso tempo si investe turisticamente tanto sulla cultura del bere trentina. Forse la questione ruota intorno alla differenza tra vino e birra? Tra chi beve il vino rotaliano e chi prende la birra dal pakistano?
I primi a mobilitarsi sono stati i ragazzi del collettivo Refresh, che propongono di ritrovarsi martedì 15 dicembre, poco prima delle 21, in piazza Santa Maria Maggiore a dimostrare che forse c'è chi ha qualcosa da dire se questa città muore o, piuttosto, viene lentamente asfissiata. I “mi interessa” a questo evento sono stati tanti, trasversali, diastratici e in aumento: #birrasuldegrado è un tema con la sua valenza, che comunica non tanto un disagio studentesco rispetto l'impossibilità di acquisto di una birra dopo le 21 in via San Giovanni – come già si accennava, ci si organizza semplicemente diversamente – ma piuttosto, un disagio cittadino nei confronti di provvedimenti pretestuosi che offendono chi veramente vive nel disagio della Portella, che celano dinamiche economiche dietro intenti di sicurezza, che dimenticano che repressione nel maggior numero dei casi comporta esasperazione di una situazione e sua esplosione.
Si spaccia in piazza Santa Maria: soprattutto l'ipocrisia.
Martedì 15 Dicembre, ore 21.01, flashmob di #birrasuldegrado del Collettivo Refresh (evento Facebook).
in allegato a questo articolo, il nostro SONDAGGIONE sul provvedimento