open call café de la paix

Intrecci per la pace, l’Open Call Café de la Paix

Performance lunedì 15 settembre 2025 al Parco di Gocciadoro a Trento per una mostra artistica di raccolta fondi per la Palestina che verrà allestita presso il circolo ARCI

Dalle suggestioni del primo esempio di arte relazionale in Italia, quale la performance di Maria Lai Legarsi alla montagna (1981), nasce l’idea di una performance (il cui nome capace di racchiudere il senso o divenire strumento di riflessione, non è ancora stato scelto) volta a riflettere sul senso di collettività umana, sul peso delle nostre azioni, invitando con una chiamata aperta alla presa di posizione, di denuncia sociale verso gli orrori del nostro tempo e in fattispecie il genicidio perpetrato contro il popolo palestinese.

I partecipanti (numero da definire in base alle adesioni) vestiti del medesimo colore, nero, si dispongono nello spazio urbano, in silenzio.

Avanzano camminando ognuno munito di due bastoni, di dimensioni variabili e un gomitolo colorato, fino a raggiungere la postazione concordata.

La composizione non dove assumere una forma riconducibile a una specifica forma geometrica, poiché nell’indeterminato, nell’apparente incomprensione della forma si sugella la pluralità del nostro essere come società, mutevole, informe e in evoluzione. 

I partecipanti seduti o in piedi in base al proprio desiderio, con l’unica regola di mantenere tale posizione per tutto il tempo della performance (1 ora) iniziano contemporaneamente a tessere.

Incrociano i bastoncini, legano il filo e iniziano ad avvolgerlo al legno per alcuni muniti.

Gradualmente dopo aver costruito una prima porzione di mandala, annodano saldamente il filo, che si apre allo spazio, alla condivisione. Infatti, questo (il filo) non rimane come da tradizione sui singoli legni del mandala in costruzione ma raggiunge con un lancio, un rotolamento a terra, un gesto pacato un altro mandala.

Ma non si ferma e dopo essere stato lì, avvolto, ecco che questo riparte verso una nuova persona, avvolgendone la vita, il braccio, il ginocchio o la parte del corpo scelta dal partecipante in questione. Man mano che il tempo scorre si crea un reticolo di fili colorati sempre più fitto, il rosso, il verde, il bianco e il nero della Palestina legano le figure, dipingono lo spazio.

Tale ragnatela umana, vuole, attraverso gli sguardi all’esterno (i passanti) e l’interno (gli altri partecipanti e il proprio mandala) riflettere sulla necessità di osservare cosa succede dentro e fuori da noi, i fili si fanno leganti, ponti tra gli individui e le loro azioni, ricordano quanto le nostre scelte abbiano conseguenze visibili, tangibili o impercettibili ma comunque persistenti sull’altro.

I colori, oggi, sono quelli della Palestina, perché bisogna essere presenti e non distogliere lo sguardo. I legni sono il legame con la Terra, ci riconnettono verso la natura e si fanno struttura di sostegno per accogliere, apparentemente fili, ma con essi, come da tradizione, pensieri.

I mandala storicamente venivano realizzati dalle coppie, del popolo messicano, Huicholes nei primi anni di vita dei figli, si fanno custodi di pensieri ben augurati che gli artefici donavano al destinatario, ed ecco che i partecipanti sono invitati a portare i loro pensieri sulla Palestina.

Nel mentre volontariamente chi vorrà potrà prendere un pezzo di cartone e scrivere una parola evocatrice del suo sentire, una denuncia visiva che verrà attraversata da uno o più fili del reticolo, poiché tutto dovrà essere legato insieme.

Allo scadere di un’ora suonerà un timer e i partecipanti porteranno lo sguardo verso l’alto, una forbice reciderà il tutto, slegando i partecipanti che porteranno con sé il proprio mandala arricchito del filo, del sentito, del percepito, del prossimo. 

Durante la performance si prevede l’ausilio di un fotografo incaricato di documentare fotograficamente l’accaduto. Le cui fotografie diverranno testimonianza tangibile dell’agito e strumento di restituzione del progetto, una delle quali, o un collage di queste verrà inviata per la mostra con annessa un testo illustrativo dell’esperienza.

Se per Maria Lai il nastro azzurro legava la montagna e le case del paese sardo di Ulassai, divenendo metafora perfetta dell’arte, che nonostante non dia certezze e possa sembrare frivola, indica una via di salvezza (Mariani in Maria Lai. Tenendo per mano il sole. Roma, MAXXI, 2019-2020), così i nostri fili avvolgendo i partecipanti e i loro bastoni si fanno grido, esortano alla costruzione di una collettività, una comunità umana, intransigente verso la violenza, promotrice di cura e pace, attraverso lo sguardo e l’azione che scegliamo di intraprendere consapevolmente, verso il mondo, accogliendone le sue eterogeneità ma plasmandolo insieme. 

Note tecniche

  • La performance si svolgerà lunedì 15 settembre 2025 al Parco di Gocciadoro a Trento intorno alle 18.
  • Durata 2h totali, 1 di performance, restante indicazioni per l’esecuzione e smontaggio.

Regole per i partecipanti

  • Silenzio
  • Vestiti totalmente di nero, senza loghi visibili
  • Disponibilità a farsi fotografare (volendo anche di spalle se non si vuole il viso) – firma liberatoria
  • Rispetto per il momento, connessione con gli altri partecipanti

Per ulteriori informazioni

E-mail: zoe.coccoi@gmail.com