Nuovo statuto – I dottorandi: “Violato il principio di eguaglianza tra studenti”

Prosegue la discussione sulla nuova bozza dello statuto dell'Università degli studi di Trento. Giornata cruciale quella di oggi. Nel corso della seduta del Senato Accademico sarà decisa l'approvazione o meno della nuova bozza. 

La prima scadenza per l'approvazione è quella del 7 marzo. Se entro questa data non sarà trovato un accordo verrà chiesta una proroga, qualche mese in più per trovare una mediazione sulla proposta di statuto ed evitare il commissariamento. 
Intanto sull'ultima versione della bozza si è espresso il mondo dei dottorandi che ha scritto una lettera aperta per sottolinare la posizione critica nei confronti di quanto proposto. 
Ecco la lettera firmata da Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani)

ADI: abbiamo dato voce a principi giuridici, non solo al buon senso

«L'ADI si era fatta portavoce non solo di buon senso nel chiedere di rivedere le norme dello statuto concernenti dottorandi, dottori di ricerca e ricercatori, ma anche di perplessità sulla correttezza giuridicità dell'impianto proposto. La versione finale del 2 marzo conferma queste criticità. Lo statuto si espone così al rischio di ricorsi in merito alla sua legittimità e aderenza ai principi dell'ordinamento universitario italiano. Qualora questo testo passasse l'Associazione stessa, in accordo con la Segreteria nazionale, valuterà le azioni da intraprendere.»

Queste le parole del Presidente dell'ADI Alexander Schuster rivolte al Rettore e al Presidente dell'Università di Trento in una lettera aperta trasmessa in vista delle deliberazioni di lunedì 5 marzo per l'approvazione della proposta finale.

Al centro profili di disuguaglianza e di irragionevolezza fra studenti e dottorandi e fra ricercatori a tempo determinato e a tempo indeterminato. Il paragone ad esempio con il più recente statuto approvato, quello dell'Università di Siena, mostra come non si sia fatto buon uso dell'autonomia speciale attribuita. L'invito agli organi dell'Ateneo è di non licenziare un documento che appare vulnerabile e che mostra una chiusura di Trento verso i giovani ricercatori che non conosce pari neanche in altri atenei italiani.

Il testo della lettera è allegato. Ass. dottorandi e dottori di ricerca di Trento

 

Trento, 3 marzo 2012

Oggetto: Lettera aperta: La proposta di statuto ha più di un vulnus

Nei mesi scorsi l'Associazione dottorandi e dottori di ricerca ha accolto con favore gli inviti a prendere parte ai lavori preparatori all'adozione del nuovo statuto dell'Ateneo. Siamo altresì intervenuti nelle assemblee di ateneo e abbiamo dialogato con la stampa locale dando evidenza alle nostre riflessioni.

In questo periodo l'ADI si era fatta portavoce non solo di buon senso nel chiedere di rivedere le norme dello statuto concernenti dottorandi, dottori di ricerca e ricercatori, ma anche di perplessità sulla correttezza giuridicità dell'impianto proposto. La versione finale del 2 marzo conferma queste criticità. Per le ragioni che dettagliamo in appresso lo statuto si espone al rischio di ricorsi con riguardo alla sua legittimità e aderenza ai principi dell'ordinamento universitario italiano. Inoltre, sconfessa la storia di un ateneo che fino ad oggi e più di altri si è mostrato dinamico e aperto ai giovani.
 

Riteniamo non siano stati rispettate norme espressione di «principi fondamentali della legislazione statale in materia di università», a cui è soggetta anche l'Università di Trento e la Provincia ai sensi dell'art. 2, comma 1°, e art. 3, comma 1°, delle norme di attuazione.
 

Riteniamo vi sia violazione del principio di eguaglianza fra categorie di studenti, in quanto quelli del terzo ciclo (dottorandi o studenti di dottorato, secondo la terminologia della bozza) risultano esclusi dalla rappresentanza, interamente riservata a quelli del primo e secondo ciclo. È questa a nostro avviso una netta violazione di principi del sistema universitario italiano che anche l'Ateneo deve rispettare. È ben noto che ancora qualche anno fa due erano i rappresentanti di dottorandi che sedevano di diritto nel cda. Dopo l'ultima riforma siede attualmente un unico rappresentante. Con questa proposta i rappresentanti non solo non siederanno, ma non contribuiranno nemmeno ad eleggere i rappresentanti della componente studentesca, da cui poi emergerà il Presidente del Consiglio studentesco, membro di diritto del cda. Così, chi è assai spesso componente delle commissioni di esame insieme ad altri non strutturati (assegnisti, cultori della materia) varrà meno se non nulla rispetto allo studente esaminato. Certo è che i dottorandi pagano la tassa provinciale per il diritto allo studio. Come Associazione ci domandiamo ora se coerentemente questa sarà abolita dalla Provincia. In verità, opportunità avrebbe voluto, come fino ad oggi è avvenuto e come altrove ancora avverrà, che i dottorandi avessero uno status proprio in ragione della loro peculiarità di "ibridi" fra studenti, ricercatori e docenti. Mai si sarebbe immaginato che potessero contare addirittura meno degli studenti che esaminano e valutano quotidianamente.
 

Ulteriore violazione si ritiene realizzata a scapito dei ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. a) della legge 240/2010, in quanto dovrebbero essere equiparati quanto a rappresentanza ai ricercatori a tempo indeterminato e a quelli di tipo b). Dalle legge istitutiva non emerge, infatti, alcuna differenza per quanto attiene alle funzioni di ricerca e di didattica espletate dalle varie categorie di ricercatori. Per di più il ricercatore di tipo a) ha un contratto di durata fino a cinque anni contro la durata massima di tre anni per l'altro tipo, sì che non può essere la durata temporale limitata a giustificare l'attuale discriminazione.
 

Il ruolo riconosciuto a dottorandi, assegnisti, RTD e altri precari della ricerca (quali le figure dei contrattisti di ricerca e i borsisti post-dottorato) appare assolutamente insufficiente rispetto al futuro di un'università impostata su tenure track e attenta a giovani e merito. Siamo infatti distanti dalle norme di attuazione (d.lgs. n. 142/2011), il cui art. 6, comma 3, impone di prevedere tra i principi dell'Ateneo «la particolare valorizzazione dell'esperienza internazionale e procedure di tenure-track, attraverso la figura del ricercatore o docente a tempo determinato.» Non si può dire che l'attenzione riservata ai RTD di tipo a) possa essere vista come valorizzazione, specialmente se si attua un paragone con il resto d'Italia e d'Europa.
 

L'analisi del panorama nazionale e degli statuti che sono stati approvati da altri atenei in questi mesi evidenzia la distanza dell'Ateneo trentino da un sentire nazionale assai più attento alle componenti della comunità universitaria menzionate. Si prenda casualmente lo statuto più recente pubblicato in Gazzetta ufficiale, quello dell'Università di Siena (Gazz. Uff. 28 febbraio 2012, n. 49).

All'art. 9 si dà opportunamente una definizione unitaria di ricercatore, inclusiva di tutti gli RTD. Sono infatti ricercatori «le ricercatrici e i ricercatori di ruolo, confermati e non confermati, a tempo indeterminato e a tempo determinato di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modificazioni e integrazioni, appartenenti all’Ateneo». I «docenti» sono i professori e i ricercatori così come sopra definiti. Sono studenti «le iscritte e gli iscritti ai Corsi di studio dell’Ateneo, vale a dire i Corsi di Laurea e Laurea Magistrale, i Corsi di Dottorato, i Corsi di Specializzazione e quelli per il conseguimento di Master universitari». L'art. 16 afferma che il Consiglio di dipartimento è composta da tutte queste figure di docente, quindi senza l'esclusione dei ricercatori di tipo a) e con rappresentanze elettive per tutte le categorie dei giovani ricercatori, dai dottorandi agli assegnisti.

Ancora, il Rettore è eletto (art. 27) da tutti i «docenti» di ruolo e fuori ruolo dell’Ateneo e da tutti gli studenti eletti nei Consigli di Dipartimento (e il personale tecnico-amministrativo viene valorizzato con un peso del 12%). Sempre questi docenti eleggono fra di loro otto dei diciotto membri del Senato accademico (art. 30). Il cda si compone di studenti eletti anche da dottorandi e da membri appartenenti ai ruoli dell'Ateneo, quindi anche dai ricercatori a tempo determinato, senza indicazione di ponderazione alcuna. Nel Consiglio studentesco due rappresentanti sono eletti da tutti gli studenti iscritti ai corsi di dottorato (art. 38).
 

Il confronto con uno statuto scelto a caso fra quelli degli altri atenei mostra la distanza abissale con l'ateneo trentino. La discussione di questi mesi, tutta incentrata sugli equilibri fra Giunta provinciale e professori ordinari, ha pregiudicato un'apertura di orizzonti a questioni non meno importanti. Invero, dovrebbe essere proprio il metodo delle scienze a insegnare che si cresce se si impara dalle esperienze altrui. Non sarebbe allora spiaciuto assistere ad una discussione sul difensore civico degli studenti (art. 44, Statuto Università di Siena) o a regole che concretizzassero la volontà di attuare realmente le pari opportunità. Visto che si deve guardare – a torto o a ragione – alle sempreverdi regole del mercato privato, almeno si poteva recepire qualcosa di positivo come una quota minima di genere per la composizione del cda. Per non parlare, ovviamente, di come meglio dare spazio alle nuove figure di ricercatori e al merito dei giovani.
 

Spero riconoscerete all'Associazione che rappresento che in questi mesi essa ha rifuggito espressioni forti e paragoni degni di altre epoche per descrivere i contenuti delle bozze che sono state avanzate. Personalmente non ho nemmeno sottoscritto la petizione detta dei 510 perché ritenevo che il Trentino tutelasse a sufficienza la libertà di ricerca da potersi permettere di sperimentare anche modelli di governance nuovi con un ruolo importante per la Provincia.

Avviato agli studi giuridici da questa Università nel 1996, sono tornato dopo anni di ricerca ed insegnamento all'estero e in altri atenei italiani. Oggi confesso amarezza a vedere che c'è maggiore attenzione per i giovani ricercatori non a nord, ma a sud di Trento. È un unicum non degno della storia dell'autonomia universitaria trentina.
 

Molti giovani sono scoraggiati dal sistema Italia e l'ADI è una piccola associazione che fa il possibile per motivare i propri aderenti e cambiare in meglio. Forse le riflessioni sopra esposte potranno essere sconfessate dal punto di vista giuridico, giacché prodotte in meno di dodici ore dalla pubblicazione sul sito dell'Ateneo della proposta finale. Ciò che non sarà sconfessato sarà il senso di sconforto che un simile statuto riserverà a molti di noi.
 

L'Associazione intende fare il possibile perché tutto questo non accada. Qualora la proposta fosse approvata, intendiamo rivolgerci alla Provincia e al Ministero affinché ai sensi dell'art. 6, commi 9 e 10, l. 168/1989, congiuntamente all'art. 4, comma 5, d.lgs. 142/2011 valutino le criticità evidenziate e invitino l'Università a modificare la proposta. Qualora ciò non fosse possibile valuteremo con la Segreteria nazionale le ulteriori azioni che è in nostro potere intraprendere per tutelare dottorandi e giovani ricercatori anche a Trento.

 

Alexander Schuster Presidente ADI Trento