Túmin: «è qualcosa di innovativo e per questo è difficile che venga accettato»

Un piccolo borgo, El Espinal, nello stato di Veracuz. Il documentario è interamente girato qui, in una terra montuosa che sembra quasi dimenticata. E invece no. Gli abitanti vogliono farsi sentire, vogliono gridare al mondo la loro innovazione, vogliono che si approvata e che altri nel mondo la usino, visti i benefici che ha.

La loro invenzione: il Túmin, la moneta comune del piccolo villaggio, ideata per i cittadini di El Espinal che, associandosi, possono liberamente scambiare i loro prodotti e servizi e intercambiarla con la moneta ufficiale, il peso.

Le voci narranti sono quelle degli abitanti nativi, i quali ci proiettano in medias res nel loro villaggio e nel nuovo sistema monetario. Tra i vari aspetti che mi hanno colpita di più vi è sicuramente l’accuratezza nel descrivere i benefici della moneta, portandomi a credere che sia davvero un vantaggio e quindi a identificarmi con la parte di popolazione favorevole. È interessante, seppur triste, il fatto che i negozi che accettano di utilizzare il Túmin debbano esporre un cartello con scritto: Qui si accettano Túmin, come ad indicare una diversità, qualcosa che dovrebbe essere evitata. Mi è piaciuta la scena in cui gruppi consistenti di popolazione si recavano in tendoni appositamente montati per assistere ad un incontro sull’uso della nuova moneta perché indica non solo la disponibilità e l’accoglienza da parte di chi vuole che si affermi ma anche un’apertura al nuovo, a ciò che non si conosce ma che si vuole imparare.

Dall’inizio fino alla fine del documentario la mia attenzione è stata sempre catturata dai colori caldi del villaggio (e dei suoi abitanti) e dai meravigliosi dipinti stampati sui Túmin, realizzati da artisti come Diego Rivera e Rufino Tamayo.

Stefania