L’Università incontra la comunità trentina

L’ateneo trentino ha incontrato in modo del tutto informale la popolazione locale per discutere del valore e delle ricadute dell’attività dell’università sul territorio. L’incontro si è tenuto il 2 luglio nell’atrio della Facoltà di Lettere e Filosofia, dove intorno a molti tavolini da bar la comunità locale si è riunita per conoscere direttamente e in un’atmosfera del tutto rilassante le potenzialità che l’università sviluppa quotidianamente. Dopo l’apertura benaugurante della discussione pubblica a cura del presidente Innocenzo Cipolletta, del sindaco di Trento Alessandro Andreatta e del presidente della provincia autonoma di Trento Alberto Pacher, si è discusso innanzitutto con Rocco Di Filippo, rappresentante degli studenti universitari di Trento, per capire il ruolo dei suoi circa 16mila rappresentati i quali, oltre a portare ingenti benefici economici in loco, risultano essere una risorsa importante in particolar modo nel campo dell’associazionismo e nel volontariato, così come in quello dell’innovazione. Ma la loro presenza rappresenta anche una sfida per il territorio, consistente nella capacità di integrazione tra loro e la popolazione locale, per la quale si lavora da tempo e per cui si auspica che si raggiunga una nuova e stabile condizione simbiotica.

Dal ruolo degli universitari in città si è passati quindi alle micro conferenze sulle nuove frontiere della ricerca condotta dall’Università di Trento in campo medico, in particolar modo dal suo centro Biotech di Mattarello del quale il professor Claudio Migliaresi ha portato una testimonianza e dal Centro per la Biologia Integrata (CIBIO) la cui attività è stata spiegata dalla professoressa Francesca Demichelis. Da quanto esposto dai due relatori, ben presto l’ingegneria dei tessuti permetterà di “costruire” gli organi del corpo umano, permettendo il loro trapianto su individui che lo necessitano senza dover dipendere da soggetti donatori, e lo studio del genoma umano permetterà di individuare con maggiore precisione le cellule malate e di indicare le cure più corrette per ogni singolo individuo. In entrambi i campi, quindi, l’Università è presente e partecipa attivamente, esportando l’immagine di un Trentino che si impegna nella ricerca anche all’estero.

Non si poteva quindi evitare una discussione sul ruolo delle scienze sociali, visto che la Facoltà di Sociologia di Trento è stata la prima ad essere istituita in Italia. Al di là del valore storico della ricerca che l’università ha compiuto in questo campo in più di 50 anni di attività, il professor Giuseppe Sciortino ha affermato che le scienze sociali servono nel momento in cui le pratiche compiute quotidianamente dalla nostra società e che di solito diamo per scontate non portano più a risultati soddisfacenti. E per quanto riguarda l’impatto che questo filone della ricerca ha in Trentino, ha chiarito che gli studi sociologici dell’università analizzano numerosi fenomeni tipici della comunità locale, come l’influenza del lavoro sulla riproduttività o l’efficacia dei programmi di orientamento degli studenti, mettendoli in luce e vedendo se i piani della politica locale tendono a gestirli in modo appropriato.

In seguito, il professor Antonio Schizzerotto ha affrontato un argomento che sta molto a cuore agli studenti universitari trentini: la rilevanza dell’aver conseguito una laurea a Trento nella ricerca di un impiego. Dalle sue ricerche, il professore ha notato che laurearsi a Trento non porta particolari benefici aggiuntivi rispetto ad altri atenei nella ricerca di un impiego in Italia. Tuttavia, il mercato del lavoro trentino che tende ad attirare anche i laureati in altre università, apprezza generalmente di più i giovani che si sono laureati a Trento. Pertanto, il miglior compromesso risulta da una laurea conseguita a Trento e da un’impiego ricercato nello stessa regione di studio.

Il ciclo di interventi si è chiuso con la relazione del professor Enrico Zaninotto riguardante l’impatto economico degli universitari fuori sede sull’economia locale. Dai suoi studi si evince che tali studenti spendono in Trentino un ammontare di 21 milioni l’anno e il settore che ne guadagna di più è quello dei servizi.

Infine, è la rettrice dell’università Daria de Pretis a tirare le somme di questa prima assemblea di ateneo. Ricordando che a questa ne seguiranno altre, la professoressa ha affermato che l’Università di Trento si sta impegnando e continuerà ad impegnarsi nella formazione di una futura classe dirigente sovralocale che darà quindi merito alla provincia non solo in loco, ma anche nel resto di Italia e nel mondo. Alla formazione e alla didattica, si aggiunge anche il ruolo di grande rilevanza sociale della ricerca trentina, spendibile non solo in regione ma anche da far conoscere ed esportare in altre comunità.

La prima Assemblea di Ateneo si è chiusa dunque con l’inizio di un dialogo tra l’università e il Trentino, che continuerà in futuro con le prossime assemblee annuali.