di Michele Anesi | PH: David Forer Photography
Il Love Electro! Festival è un'istituzione musicale della nostra regione, senza se e senza ma. Sia da amanti di musica elettronica che da "insider" non possiamo che essere grati agli organizzatori per la dedizione che, anno dopo anno, continuano a riversare in questo progetto. La scena locale – ora in forte crescita – ha visto in questo brand un faro capace di fare da modello a una lunga serie di altri eventi che si sono susseguiti nel tempo, ognuno con le proprie caratteristiche e le proprie specificità.
E' da anni che vi raccontiamo di serate musicalmente e umanamente interessanti, con ospiti internazionali oculatamente selezionati per venire incontro alle esigenze del pubblico senza però snaturare la profonda coerenza stilistica che caratterizza da sempre questo festival. Come dimenticare serate con Dada Life, Crookers, Camo&Krooked e Flux Pavilion solo per fare alcuni nomi?
Nell'edizione dello scorso 19 Luglio, tuttavia, non abbiamo percepito l'euforica magia che da sempre intride le spesse mura del Forte di Fortezza. La qualità, l'accoglienza e l'organizzazione sono state impeccabili come al solito, mancava però quel qualcosa, quella passione capace di trasformare il festival in una grande famiglia danzante. Da una parte il pubblico sembrava disorientato dalla mancanza di un vero e proprio trend capace di trascinare e innescare entusiasmo, dall'altra gli artisti selezionati non sono riusciti a imporre un gusto musicale ben preciso e una personalità accattivante, preferendo alternare – in alcuni casi quasi timidamente – tracce mainstream con altre più vicine al loro vero gusto personale.
Nè Diviners nè tantomeno TAI hanno presentato una tracklist coerente capace di elevarsi al di sopra della mediocrità. I TWRK, invece, sebbene abbiano dimostrato un gusto più solido e circoscritto, hanno ben presto rinunciato ad avere un rapporto dialettico-gestuale con il pubblico a favore di un set godibile e danzereccio a cavallo tra Trap ed i successi Future Bass del momento. I Modestep, gli headliner dell'evento reduci da un'altra gig a cui avevano preso parte alcune ore prima, non si sono assolutamente dimostrati all'altezza del nome che portano: dopo un brillante inizio in cui l'energia era palpabile e contagiosa, hanno progressivamente perso mordente e smalto martellando senza nessuna pietà, proponendo un drop cattivo dopo l'altro senza alcuna apparente direzione stilistica. Solidi come delle rocce ma senza un particolare mordente o attrattiva nei confronti dei presenti.
Su tutti è spiccata la performance di Tebon, capace di fondere con gusto e rara sapienza compositiva tracce dai sapori molto differenti tra loro – Electro, Bass, House, Disco, Future Bass e Progressive. Buono anche l'assetto musicale dimostrato nel Second Stage sia dai vincitori del contest indetto dal festival stesso che, in chiusura, dai rappresentanti della scena House e Techno.
Un Love Electro! in fase calante, quindi? Non necessariamente: se sapranno rinnovare – e rinnovarsi – attraverso una strategia di booking internazionale di più alto profilo e una produzione più articolata e innovativa non avranno problemi a mantenere il loro ruolo faro che per così tanti anni hanno avuto la bravura di ricoprire. Noi glielo auguriamo con tutto il cuore! Che la Love (Electro) story continui 😉