Keith Flint, la sua eredità musicale ci abbraccia tutti

Trasversale, pop, universale. Il linguaggio creato dal frontman dei Prodigy è attualità

di Michele Anesi

E' il 1990, siamo nel grigio Essex, a nord di Londra, e si è appena formato un gruppo che cambierà il corso della storia musica nei decenni successivi. The Prodigy, un collettivo di dj-ballerini-musicisti nato dal desiderio di tre ragazzi di creare uno show destinato alla scena rave inglese, si sono improvvisamente trasformati in uno tsunami culturale capace di detronizzare il rock dal suo piedistallo dorato e portare la musica elettronica dall'underground più trasgressivo alle classifiche più prestigiose. In pochi anni sono passati dai rave improvvisati organizzati tra le fangose colline inglesi – le stesse che oggi accolgono festival come Creamfields o Glastonbury – ai dancefloor dei festival più importanti del mondo. 

E' il 2019, la musica elettronica non è più parte del sistema della musica, ma è tutto il sistema. La prima generazione, i padri fondatori tra cui i Prodigy, hanno perso smalto a favore delle nuove teen star: giovani, imberbi e dalll'aspetto decisamente più rassicurante. Ma, nonostante il mondo – non solo quella della musica – sia cambiato, anche idoli come Martin Garrix, Oliver Heldens, deadmau5, Swedish House Mafia o Tiesto, lontani anni luce dai suoni o dall'indole trasgressiva dei Prodigy, devono molto a chi, prima di loro, ha acceso la miccia che ha fatto deflagrare musica, cultura e società con un enorme big bang a colpi di techno, acid, electro e trasgressione.

Potete non conoscere Keith Flint, non aver sentito mai la loro musica o non curarvene, ma sappiate che se amate la scena musicale dance e pop contemporanea, una parte del merito va anche ai The Prodigy. Quindi grazie, Keith, per aver vissuto guardando sempre al futuro. Saremo noi, ora, a guardare al tuo passato.