L’accordo tra Europa e Turchia: spunti critici e punti aperti

Da oggi in vigore la risposta europea alla crisi umanitaria

Dopo mesi di discussioni e tentativi falliti di giungere a un compromesso, l’Europa sembra aver trovato una volontà comune: entra in vigore oggi l’accordo tra Unione Europea e Turchia sulla gestione della crisi umanitaria in Europa.

Bentornata Schengen, benvenuti nella fortezza. L’accordo, che mira a scoraggiare il flusso di rifugiati attraverso la rotta balcanica corona i provvedimenti già adottati da alcuni leader europei: a partire da Febbraio infatti, l'Austria e alcuni paesi balcanici hanno chiuso i propri confini. Un ritorno a Schengen che ha scatenato come in un effetto domino la decisione del governo macedone di chiudere il confine con la Grecia, in cui centinaia di migliaia di rifugiati sono tuttora intrappolati.  

Cosa succede ai richiedenti asilo intrappolati in Grecia? I rifugiati che si trovano in Grecia dovranno fare richiesta all’interno del paese, dove le domande verranno analizzate individualmente in accordo con il diritto internazionale.

E fino a qui, tutto bene. Il problema, al solito, sta nella pratica.

Benché l’accordo inizi oggi, le autorità greche hanno fatto notare che le risorse umane promesse dall’Unione non sono ancora state inviate. Altro punto irrisolto è cosa ne sarà di coloro che otterranno il diritto di asilo: allo stato attuale degli accordi, possibilmente non tutti gli aventi diritto potranno essere accolti (l’Unione per ora ha fissato un tetto di 72 mila rifugiati (35mila in meno di quanto ritenuto necessario dalle agenzie internazionali), e non si sa dove saranno ricollocati. Sappiamo però che Ungheria e Gran Bretagna hanno già fatto sapere che non vogliono nuovi rifugiati.  

Sulle spalle della Grecia. Oltre al rischio di espellere persone aventi diritto all’asilo, si pone anche il problema della “qualità” dell’accoglienza dei richiedenti in attesa, che verranno automaticamente portati in un centro di identificazione ed espulsione in Grecia. Per quanto tempo, è domanda legittima. Come ha fatto notare Laura Boldrini, l’identificazione e l’analisi delle richieste per non parlare dei ricorsi, considerati i tempi della giustizia in Grecia, potranno richiedere mesi se non anni, che “possibilmente i rifugiati trascorreranno in hotspot non attrezzati alla detenzione”.  

Perché l’accordo è illegale?  L’ illegalità dell’accordo inizia nel momento in cui entra in gioco la Turchia.  Prima di tutto, prevede una una data per decidere chi potrà rimanere in Grecia e chi invece sarà rispedito in Turchia: una forma di respingimento collettivo proibita dal diritto internazionale. Ci si chiede poi in che modo saranno analizzate le richieste in Turchia, che non avendo ratificato la convenzione di Ginevra, non è vincolata alle regole europee in tema di immigrazione, mentre appare debole la garanzia che “si rifarà agli standard internazionali”. Infine, per ogni richiedente "spedito", un rifugiato siriano potrà essere mandato in Europa. Una misura che rischia di essere abusata dalla Turchia, che potrà continuare a permettere il flusso irregolare di rifugiati verso l’Europa fino al tetto di 72 mila.

Viene da dubitare che l’accordo, a causa del quale i rifugiati fermati sino ad oggi in Grecia rischiano di affrontare una lunga attesa in condizioni possibilmente disumane se non un futuro incerto e una procedura poco garantistica in Turchia, sia davvero una misura efficace allo scopo dichiarato dai nostri leader, di “porre fine alle sofferenze umane e ripristinare l’ordine pubblico”.

(Carlotta Garofalo)