La tortura non è (ancora) un reato

di Lorenza Giordani

Nonostante i numerosi impegni internazionali presi, in Italia manca ancora oggi il reato di tortura.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata dal nostro paese nel 1988, prevede che ogni stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura, ossia “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione”.

Sono passati oltre 25 anni, ma in Italia il reato di tortura continua a essere un miraggio. Ne abbiamo discusso mercoledì 26 ottobre 2016 nel foyer della facoltà di giurisprudenza assieme al professor Sergio Bonini, professore di diritto penale comparato, Veronica Manca, dottoranda in diritto penitenziario, Alberto Lavelli di Amnesty Trento; il tutto in un evento organizzato da UDU Trento.

A 13 anni dal G8 di Genova del 2001, molti dei responsabili di gravi violazioni dei diritti umani sono sfuggiti alla giustizia, poiché in Italia mancano strumenti idonei per prevenire e punire efficacemente le violazioni.

La mancanza del reato di tortura costringe i giudici a declassare vere e proprie torture a semplici reati di maltrattamento o lesioni personali, diminuendo il grado di responsabilità imputabile e alleggerendo la pena applicabile.

Per fermare queste violazioni e a beneficio del ruolo centrale della polizia nella sua funzione di protezione dei cittadini, è urgente colmare al più presto la lacuna del sistema penale italiano.

Dopo il fallito tentativo della XVI legislatura, è stata positiva la presentazione di nuovi disegni di legge, poi confluiti in un testo unificato, sul reato di tortura. La discussione al Senato, iniziata il 22 luglio 2013 in seno alla commissione Giustizia, si è conclusa con l’approvazione del testo lo scorso 5 marzo, con voto quasi unanime.

Il testo introduce sì un reato specifico di tortura, ma non richiama il requisito della necessaria reiterazione degli atti di violenza o minaccia per integrare il reato. Il  reato viene qualificato come comune e quindi imputabile a qualunque cittadino, anche se si prevede l’aggravante se commesso da pubblico ufficiale; questo, è stato possibile grazie all’approvazione di un emendamento proposto in fase di discussione che ha modificato il testo originario, che invece mirava a qualificare il reato di tortura come reato proprio, oltre che specifico, punibile solo se commesso da un pubblico ufficiale. Un’altra criticità consiste nella non perseguibilità delle condotte omissive. Quanto all’elemento soggettivo, si tratta di dolo generico.

Inoltre, rispetto alla prima versione del disegno di legge, è stata purtroppo eliminata la parte dell’art. 5 che prevedeva l’istituzione di un fondo nazionale per le vittime della tortura.

È essenziale che il reato di tortura venga introdotto nel codice penale italiano quanto prima e nel massimo rispetto degli standard internazionali. Tuttavia, occorre ricordare che nulla il diritto penale potrà se non verrà accompagnato da una cambio di mentalità, nonché da una maggiore e formazione e sensibilizzazione delle forze di polizia sul tema.