La solidarietà fra cittadini può sostituirsi allo Stato?

L’emergenza da Covid-19 ci dice di sì.

di Giulia Isabella Guerra

L’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità dichiarava ufficialmente che la diffusione del Covid-19 al di fuori dei confini cinesi stesse degenerando in una pandemia, che nelle settimane a venire avrebbe afflitto interi Paesi in ogni regione del globo. E così è stato.

Il pericoloso nesso fra pandemia ed economia

Le conseguenze economiche e sociali della crisi pandemica sono ingenti. Ad esempio, il PIL degli Stati Uniti, la prima potenza economica al mondo, è crollato di oltre il 30% nel secondo trimestre del 2020, con un pauroso dato sulla disoccupazione: 22 milioni di disoccupati raggiunti fra marzo e aprile (fonte: Federal Reserve Bank), considerato il picco più alto dal 1939.

Allo stesso modo, stando alle stime della BCE, il 2020 si sarebbe chiuso con un aumento di 1,5 milioni di disoccupati nell’Eurozona, rispetto a quanto avvenuto nel 2019.

Molteplici i piani di sostegno alla popolazione intrapresi dagli Stati, ma non sempre i governi dimostrano prontezza nel rispondere ai bisogni dei cittadini colpiti dagli shock economici. Più spesso, le macchine statali sono lenti congegni dai tanti ingranaggi, che necessitano di articolati processi burocratici per dare il via all’emissione di risorse nel sistema, con il rischio di risultare inefficienti nel breve periodo.

Questo è valido tanto per i Paesi industrializzati quanto per quelli in via di sviluppo, ma in questi ultimi solitamente le risorse disponibili sono minori, perciò essi necessitano di aiuti da parte di terzi per far fronte ai propri deficit. È in questi momenti critici che la solidarietà emerge, e può nutrirsi tanto di interventi a livello internazionale quanto di sforzi condotti a livello locale da numerosi attori quali ONG e privati.

La lente dell’esperto

Il sociologo Geoffrey Pleyers ha studiato in che modo la società civile globale (dunque il complesso di attori quali movimenti sociali, ONG, organizzazioni no-profit e privati) si sia attivata per far fronte ai problemi sociali ed economici scatenati dalla pandemia, con un focus sul periodo del primo lockdown mondiale, rispettivamente da marzo a maggio 2020. Solidarietà, aiuto reciproco e monitoraggio dell’intervento dei governi sono state le parole chiave dell’azione di questi attori a livello locale e nazionale.

Storie di solidarietà dal mondo: il caso del Brasile e le favelas resilienti

Pleyers sottolinea come le comunità residenti nelle favelas brasiliane siano fra le più vulnerabili alla crisi epidemiologica, economica e sociale scatenata dal Coronavirus. Eppure, proprio gli abitanti delle favelas si sono dimostrati resilienti dinanzi alle minacce del nuovo virus.

È il caso di Paraisópolis, la seconda più grande favela della metropoli di San Paolo. Qui, gli abitanti hanno eletto un consiglio composto da 420 “presidenti di strada”, incaricati di vegliare ciascuno su circa 50 delle migliaia di case che compongono la favela. I compiti di queste sentinelle erano focalizzati sul monitorare la salute di quanti si fossero ammalati di Covid-19 e provvedere alle loro necessità (come preparare pasti caldi, portare medicinali e svolgere commissioni). Essi hanno ricoperto un ruolo cruciale anche nel campo dell’informazione, diffondendo notizie sull’andamento dei contagi e sulle misure di prevenzione da adottare, evitando che i più scettici contribuissero all’estendersi delle infezioni da Covid.

Nel complesso, il gruppo di mutual aid di Paraisópolis ha distribuito oltre 10.000 pasti al giorno alle famiglie con basso o zero reddito, portato medici specializzati nel complesso territorio della favela e creato da zero un sistema di ambulanze, pronto alle molteplici emergenze che hanno coinvolto i residenti.

Stessi compiti sono stati assolti da gruppi di volontari e movimenti sociali nelle favelas di Alemão e Morador Monitor, in Rio de Janeiro, con risultati estremamente positivi nella lotta al contagio, prestando servizi a quanti fossero più in difficoltà, lì dove lo Stato si è rivelato incapace di intervenire o inefficiente nelle misure attuate.

Un modello per il futuro

L’esempio virtuoso del Brasile si associa alle migliaia di iniziative solidaristiche attive per il mondo: nel solo Regno Unito, ad esempio, le associazioni di volontariato che si sono attivate nel periodo di lockdown del Paese sono state oltre 4.000. Il lavoro di queste persone va al di là dei benefici che può portare agli assistiti nel breve periodo: le loro azioni modellano piani di intervento anche nel medio e nel lungo periodo, e stimolano i policymakers nel creare modelli di risposta efficace alle emergenze che potrebbero presentarsi (e lo faranno di certo) in futuro.

Come scrive Della Porta (2020), in un periodo di distanziamento sociale e isolazionismo, i movimenti sociali costruiscono legami, reti di relazioni fra individui. Queste reti sono fondamentali per tenere insieme i cittadini, provvedendo affinché nessun individuo venga lasciato solo ad affrontare una situazione critica di emergenza.

 

Per approfondire:

Geoffrey Pleyers (2020): The Pandemic is a battlefield. Social movements in the COVID-19 lockdown, Journal of Civil Society, DOI: 10.1080/17448689.2020.1794398