Dalla sede di Music for Peace, fino al Porto Antico di Genova. Il 31 agosto 2025 una marea umana di 50.000 persone, illuminata prima dalle fiaccole e poi dai cellulari, cosparsa di bandiere palestinesi e della pace, ha attraversato il Porto Antico di Genova per salutare le quattro delle circa cinquanta barche della Global Sumud Flotilla in partenza per Gaza.
“Prima delle nostre differenze, prima di quello che siamo in questa piazza, siamo esseri umani. Se non restiamo umani che futuro consegniamo ai nostri figli, nipoti, a chi verrà?”. Sono le parole di Stefano Rebora, fondatore e presidente di Music for Peace, uno dei punti di raccolta delle 300 tonnellate di aiuti portate dai genovesi e da altre città italiane.
Music for Peace è un’organizzazione umanitaria fondata nel 1994 per raccogliere generi alimentari da inviare in Bosnia Erzegovina durante la guerra civile; ad oggi opera sia a livello territoriale che internazionale, ed è attiva nella Striscia di Gaza dal 2009. E’ una delle tante realtà presenti sul territorio genovese che ha accettato e rilanciato l’iniziativa di solidarietà per la popolazione Gazawi.
Durante l’ultima giornata di agosto, la sede dell’organizzazione ha ospitato, dalle 12 in poi, un palco aperto per gli interventi, le presentazioni e le testimonianze delle realtà associatesi alla Global Sumud Flotilla. Tra tutte, grande rilevanza ha assunto il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP), che, attivo dal 2011, ha affiancato Music for Peace nelle cinque giornate di raccolta e il cui portavoce, Riccardo Rudino, ha annunciato sciopero generale in caso di attacco da parte dell’esercito israeliano ai danni della flotta. Dalle 21 in poi del medesimo giorno ha preso vita la fiaccolata pacifica per celebrare la partenza delle quattro imbarcazioni dal Porto Antico verso Catania, da cui salperanno il 7 settembre o nei vicini giorni successivi in direzione della Striscia.
Altre ventitré imbarcazioni da Barcellona hanno lasciato la terraferma l’ultimo giorno di agosto, mentre il 4 settembre la flotta in partenza da Tunisi è stata acclamata da oltre 300 tunisini e 6 mila attivisti presenti. Anche a Catania, il 3 settembre, 15 mila persone hanno sfilato per le vie della città in sostegno della Flotilla.


La Global Sumud Flotilla rimanda al significato simbolico di tre parole: “Global”, globale, “Sumud”, in arabo “resistenza/perseveranza”, e “Flotilla”, che rinvia all’immagine di una imbarcazione di piccole dimensioni. L’iniziativa nasce come atto di resistenza civile non violenta, con l’obiettivo di favorire l’apertura di un corridoio umanitario, porre fine all’isolamento e all’assedio marittimo imposto da Israele alla Striscia di Gaza e consegnare cibo e generi di prima necessità alla popolazione sotto assedio.
La Global Sumud Flotilla è emersa come risposta collettiva alla crisi umanitaria in atto ed è il risultato dell’unione di diverse realtà di attivisti nazionali e internazionali. I tre movimenti fondatori sono “Global Movement to Gaza”, che ha promosso azioni civili di sensibilizzazione e la marcia via terra su Gaza attraverso i paesi del Nord Africa, bloccata la scorsa primavera prima di arrivare a Rafah, al confine egiziano; “Maghreb Sumud Flotilla”, ovvero una coalizione di solidarietà proveniente dal Nord Africa; e infine “Sumud Nusantara”, iniziativa del Sud-Est Asiatico, in particolare Malese, che ha organizzato convogli di aiuti per Gaza. Quarto movimento rilevante nella gestione dell’iniziativa, pur non avendone aderito formalmente, è “Freedom Flotilla Coalition” (Ffc), coalizione di organizzatori delle precedenti spedizioni, attiva per rompere il blocco navale di Gaza dal 2008 e nota per la missione realizzatasi a giugno 2025 a bordo della nave “Madleen“, fermata dalle forze israeliane in acque internazionali. La Ffc ha fornito alla Sumud Flotilla una nave irlandese, composta da avvocati e da team legale, a disposizione degli attivisti in caso di fermo.


In totale la flotta sarà composta da circa cinquanta imbarcazioni, con delegazioni di 44 Paesi del Mondo, ma il numero effettivo di barche impiegate non è stato reso noto dagli organizzatori. Le imbarcazioni, piccole e a vela, lunghe tra 11 e 18 metri, sono state acquistate sul mercato dell’usato grazie a una campagna di donazione online, che ha permesso di raccogliere 2 milioni di euro impiegati nell’organizzazione della missione umanitaria. L’equipaggio sarà di circa 4 persone per barca, comprensivi di skipper, meccanico, esperto di vela e personale medico. La restante parte delle persone a bordo è composta da attivisti, come Greta Thunberg, giornalisti e personaggi politici, come l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau. Sono presenti anche dei parlamentari italiani: Benedetta Scuderi di Alleanza verdi e sinistra (Avs), Marco Croatti del Movimento 5 stelle (M5s), Annalisa Corrado e Arturo Scotto del Partito democratico (Pd). Complessivamente, sulle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla saranno presenti circa 500 persone, di cui 200 di origine italiana.
Le risposte israeliane non si sono fatte attendere: il primo settembre il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha presentato al governo un piano volto a fermare la Flotilla, che prevede di designare gli attivisti come terroristi, sequestrandone le imbarcazioni. Diversi giuristi intanto stanno denunciando le violazioni del Diritto Internazionale del mare che Israele commetterebbe se fermasse le barche della Flottilla in acque internazionali; è la Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare a garantire il principio di libertà di navigazione.


Se da un lato la Sumud Flotilla è acclamata come la più grande iniziativa indipendente fino ad ora organizzata per portare aiuti umanitari a Gaza, dall’altro numerose sono le critiche mosse alla missione, dall’organizzazione affrettata, all’accusa di white saviorism e di attivismo performativo. Nella campagna di comunicazione affidata a personaggi famosi italiani e internazionali, a lasciare molti perplessi è la quasi totale assenza dei palestinesi stessi. Le principali osservazioni mosse all’iniziativa indagano la logica di marketing incentrata su volti e umanità di chi proviene da questa parte del mondo, bianca e occidentale, e l’accusa di voler puntare ad una campagna di mobilitazione più che ad un’effettiva missione concretizzabile in ogni suo obiettivo. Molti attivisti dal canto loro sottolineano come la Sumud Flotilla nasca anche come riflettore acceso sull’iniziativa stessa, con il principale obiettivo di fare luce su ciò che sta accadendo in Palestina. “Basta aprire i nostri telefoni per sapere cosa succede a Gaza e in Cisgiordania. L’obiettivo della Flotilla è non dimenticare tutto questo” ha dichiarato Maria Elena Delia, portavoce italiana della Flotilla, in una conferenza stampa il 3 settembre a Roma, organizzata dal Movimento 5 stelle a Palazzo Madama, sede del Senato.
Ciò che sicuramente emerge dalla partecipazione sentita e dalla raccolta di cibo e beni di prima necessità sul territorio italiano e internazionale è l’esistenza di modalità alternative per educare alla Pace e per rispondere a ciò che accade nel Mondo attraverso la mobilitazione dal basso. Unirsi e riscoprirsi come collettività capace di agire per un obiettivo e un bene comune, costruendo e vivendo uno spazio messo a frutto con la partecipazione di ognuno e ognuna di noi.
“L’organizzazione Music For Peace in passato, per altri scenari di guerra, era arrivata a un massimo di 20 tonnellate di cibo, raccolto grazie all’aiuto della popolazione” ha raccontato Angelo Mastrandrea, giornalista de “Il Post”, presente durante le giornate genovesi di raccolta; “In cinque giorni, per la Sumud Flotilla, ne sono arrivate 300, con tir interi che parcheggiavano e scaricavano pacchi arrivati da tutta Italia. Ho visto migliaia di cittadini usciti dai vicini supermercati con i carrelli della spesa pieni o con i sacchetti in mano pronti da consegnare; in molti si sono fatti avanti e si sono offerti come volontari e volontarie nell’imballaggio. È scattato qualcosa, e tutto ciò è un evidente segnale diretto ai governi e alla politica del nostro Paese. Pur avendo in molti ammesso di sapere che 300 tonnellate sono poche per soddisfare l’intero fabbisogno di Gaza e che difficilmente tutti i viveri arriveranno a destinazione, le persone erano presenti e partecipavano lo stesso. È un cambio di paradigma radicale, va oltre l’appartenenza politica o il semplice afflato umanitario”.


Il 22 agosto 2025 le Nazioni Unite hanno dichiarato che mezzo milione di persone a Gaza sono vittime di carestia, caratterizzata da fame, morti e miseria, come sottolineato dalla nuova analisi dell’Integrated food secutiry phase classification (Ipc).
E allora, per continuare a rimanere umani, mentre scrivo, il 5 settembre 2025, teniamo gli occhi aperti su ciò che sta accadendo in Palestina e su ciò che accadrà nei prossimi giorni e mesi nel Mar Mediterraneo.
Articolo di Eva Pedroni