Il Carnem Valere

Significato e storia del Carnevale

È appena terminato il carnevale del 2016, periodo in cui ci si maschera, in cui, riprendendone il significato originario, si diventa persona. Persona era il nome che gli antichi romani davano alla maschera che portavano in Grecia gli attori a teatro e che serviva, sostanzialmente, ad amplificarne la voce. Oggi persona è parola attribuita ad ogni essere umano.

A carnevale, in una visione che vede contrapposti, nell’uomo, spirito e corpo, la carne torna a prevalere sullo spirito e la persona diventa personaggio rivelando (mettendo nuovamente un velo) se stesso, nascondendo una tante delle sue maschere. È evidente il riferimento all’“Uno, nessuno e centomila” di Pirandello. Durante il carnevale, mascherandosi, si manifesta il desiderio di libertà che convenzioni sociali e convenienze limitano nel resto dell’anno permettendo alla “follia” di emergere avendone, semel in anno, licenza! E licenziosamente ci si può permettere di comportarsi.

Questo desiderio che trova un piccolo sfogo evidenzia lo stato in cui, normalmente, si sente costretta la persona nella sua quotidianità. Le convenzioni sociali costringono ad indossare maschere a seconda dei ruoli rivestiti (continua il gioco di parole: velare-rivelare, vestiti-rivestiti) ora la maschera del padre o della madre, ora quella del lavoratore indefesso, del capo o dell’addetto, del medico o dell’avvocato, dell’idraulico o del falegname, del buon cristiano la domenica, dello sportivo, del buon marito o della buona moglie e, in tutti i casi, la maschera assunta permette di nascondere sentimenti di rabbia, di desiderio, d’infelicità, di dolore, di compassione… e raramente la verità è libera di emergere. La paura del rifiuto e dell’emarginazione sociale costringe ad essere persone, maschere che rispecchiano le convenzioni. In fondo vogliamo essere amati e, per paura, ci costringiamo ad essere persone, pardon, maschere!

 

D. Corraro