Elezioni francesi e populismo

Intervista al Professor Gaspare Nevola, docente di Scienza Politica all'Università di Trento.

di Fiamma Rodi

Giovedi 27 aprile si è aperto il ciclo di incontri "Orizzonti Internazionali" presso la Scuola di Studi Internazionali in Via Tommaso Gar a Trento.
Nel corso della prima conferenza – "Elezioni francesi e populismo"– che ha avuto come relatori i professori Stefano Benati, Paolo Carta, Emanuele Massetti, Gaspare Nevola e Carlo Ruzza, sono state commentate le fasi salienti delle elezioni del 23 aprile scorso in Francia e le tecniche dei loro leader, con attenzione particolare a Emmanuel Macron e Marine Le Pen.

Per poter mettere maggiormente in luce il ruolo del neo-populismo nell'assetto internazionale, pubblichiamo di seguito l'intervista al professor Gaspare Nevola, docente di Scienza Politica dell'Università di Trento, correlatore alla conferenza.

"Professor Nevola, vi sono dei punti di incontro tra i populismi tradizionali e i neo-populismi odierni?"

"Le prime versioni di politica populista compaiono in Russia e negli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento. Nonostante la differenza culturale ed economica dei due paesi, il punto di incontro tra i due populismi è la figura del "popolo rurale", costituito da un forte senso di comunità e da un leader che lo guida e ne garantisce la rappresentanza.
Sicuramente nella Francia odierna vi sono segnali di diffusione di motivi populisti nella retorica del linguaggio, nell'organizzazione dei vari movimenti e nei concetti chiave dei diversi programmi, sempre più lontani dall'establishment e dalle elite, rispondendo invece ai bisogni di una parte di popolazione, dimenticata dai partiti politici classici. Così, si sono create quelle condizioni che hanno portato forze politiche "populiste" (o, meglio, neo-populiste) a colmare un vuoto politico, un bacino elettorale lasciato senza rappresentanza, formato da gente delusa dalle famose promesse non mantenute della democrazia."

"Qual è il modo migliore per capire queste nuove forme di populismo?"

"Molti pensano che il populismo sia una patologia politica, una malattia del sistema. In realtà si tratta di un sintomo, di un reagente della crisi della democrazia liberale rappresentativa. Ma il neo-populismo non è il solo sintomo di questa crisi della democrazia e delle forze politiche che la interpretano. Ad esempio, anche l'astensionismo elettorale ne è un rivelatore importante, se solo pensiamo al fatto che a volte si avvicina ad un inquietante 50%. Inoltre, ormai non si può parlare solo più di destra o di sinistra, come dimostrano anche i due programmi elettorali dei protagonisti di queste elezioni, E. Macron e M. Le Pen, che, almeno sul piano della retorica, convergono su un numero sorprendente di temi. All'appannamento della tradizionale linea di divisione tra destra e sinistra corrisponde il forte riemergere di una frattura ancora più vecchia: quella tra "centro" e "periferie", tra "sotto" e "sopra". Per questo definirei quelle del nostro tempo come delle 'democrazie sotto-sopra'."

"Perche la fascia d'età 18-34 si è schierata maggiormente con il Front National?"

"I giovani non sono da sottovalutare. Ne è un esempio la risposta di 10 mesi fa al referendum sulla Brexit. Second le analisi del voto britannico, la fascia 18-30 era favorevole al Remain, voleva continuare a tenere le porte aperte; ora in Francia sembra che per molti giovani le porte debbano chiudersi. Parlare dei giovani in quest modo è però riduttivo poichè vi è stata una significativa differenza tra i giovani di Parigi e delle altre grandi città e quelli delle periferie. Un dato interessante che spicca dalle prime analisi del voto, a questo riguardo, è che la differenza tra Macron e Le Pen è minima in questa fascia d'età, che ha invece premiato soprattutto Melenchon, esponente di una nuova sinistra radicale, con una impostazione ideologica e programmatica diversa, per motivi differenti, rispetto alle proposte di Macron e Le Pen."

"A suo parere possiamo ancora parlare di una buona Europa?"

"Si può parlare di una buona Europa per i garantiti, per l'establishment che, bene o male, è ora incarnato da Macron. La democrazia dovrebbe andare incontro a coloro che sono "periferici" sul piano socio-economico e culturale, ai quali i partiti tradizionali, di destra e di sinistra, non offrono più effettiva rappresentanza. La politica tradizionale fallisce nella sua funzione nel momento in cui resta imbrigliata nella logica del mercato e si allinea alle sue "leggi". Il governo neo-liberale della "cosa pubblica" e la progressiva riduzione dei beni pubblici e di cittadinanza a beni privati o privatizzati, sotto l'egida e gli interessi dei "giganti" dell'economia e della finanza internazionale porta alla perdita di significato della politica e ad una sostanziale delegittimazione del ruolo della classe e delle istituzioni politiche. E' proprio qui che entra in gioco il neo-populismo, che riempie il vuoto lasciato dalla politica democratica tradizionale: una democrazia "sotto sopra" e disordinata, che ormai ha perso molta della sua credibilità."

"Si può dire che in queste elezioni hanno avuto un peso non solo i dibattiti, i discorsi e le parole ma anche i silenzi."

"Proprio a causa di questa mancanza di posizioni definite dai termini classici di "destra" e "sinistra" si è verificato un episodio di non poca importanza sugli endorsement degli esponenti che non sono passati al secondo turno: Fillon, della destra conservatrice, concede il sostegno dei suoi votanti a Macron, mentre Melenchon, della nuova sinistra radicale, ha scelto di non schierarsi nè per l'uno nè per l'altra dei due candidati al ballottaggio presidenziale. Questo è accaduto perchè ormai gli schieramenti politici tradizionali si ritrovano solo sulla carta, mentre in realtà vi sono punti in comune tra i quattro principali sfidanti al primo turno. Il caso di Melenchon che non si schiera è molto interessante e ci deve fare riflettere sul fatto che oggi gli schieramenti politico-ideologici ai quali eravamo abituati vanno sgretolandosi; oggi osserviamo, piuttosto, strategie ideologiche che si mescolano, che si scontrano o si ritrovano."

Concludendo, si è di fronte ad una Europa che deve fare i conti con nuove strategie politiche, nuovi populismi che si mischiano e si oppongono, che hanno orientamenti, risorse o collocazioni di potere, forme organizzative e meccanismi di funzionamento tra loro diversi. Ciò che risulta chiaro dalle parole del professor Nevola è che servono nuovi criteri di valutazione e nuovi modelli interpretativi per disegnare e spiegare le forze in campo nel nuovo paesaggi politico che va emergendo. In questo quadro, anche concetti quali "destra" o "sinistra" hanno bisogno di essere ripensati, tenendo conto del fatto che la diffusa personalizzazione della leadership e mediatizzazione della politica nell'odierno mondo politico spalancano le porte ad un contatto più diretto con l'elettore, un elettore sfiduciato da una democrazia diventata postdemocratica.