“The Crisis and a Crisis in the Life of an Actress” una mostra di Nicola Ruben Montini.
Alla Galleria Massimodeluca di Mestre, 12 aprile – 17 maggio 2013.
di Alessandra Benacchio
È stata inaugurata giovedì 11 aprile, presso gli spazi della Galleria Massimodeluca di Mestre, la personale di Nicola Ruben Montini dal titolo The Crisis and a Crisis in the Life of an Actress, a cura di Andrea Bruciati. Classe 1986, Montini è stato nel 2012 uno degli artisti selezionati da Dobrila Denegri per prendere parte all'esibizione Theatre of Life, allestita al CoCA di Toru?, in Polonia. La sua ricerca lo ha condotto sovente a studiare, lavorare e ad esporre anche fuori dai confini italiani, momenti nei quali non si è mai sottratto ad un confronto con la realtà del paese ospitante. I lavori presentati alla Galleria Massimodeluca riflettono, questa volta, sulla situazione sociale e politica italiana con un approccio che, in qualche modo, parte da tracce autobiografiche per aprirsi ad una visione più ampia. L'artista, che ha sviluppato negli anni un'arte politicamente impegnata, legata ad una discussione sulle questioni di genere, sembra aver tradotto anche questa volta, e attraverso uno sguardo lucido e sensibile, un messaggio etico coniugandolo ad una forte carica estetica. La ricerca di un approccio cognitivo anziché materiale motiva la scelta di Montini di lavorare molto con il medium performativo. Forse per questo, nella mostra mestrina, oltre al video Tip-Tap (2008) e a lavori più materiali come Agli amanti… e anche a quelli d'Italia (2013) e Lascia ch'io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la libertà (2013), l'artista ha deciso di presentare tre performance: Il mio cuore è più stanco della mia voce e Adeguamento a una superficie reale 1 e 2 (2013).
Abbiamo incontrato Nicola Ruben Montini qualche giorno dopo l'inaugurazione e parlato con lui della mostra e del suo lavoro.
AB: La tua mostra è in qualche modo anche il frutto di una ricerca che ti ha portato per molto tempo all'estero. Da oltre confine però non hai spento la tua attenzione su quanto accadeva in Italia tanto che in “The Crisis and a Crisis in the Life of an Actress” è possibile leggere uno sguardo dolce-amaro sulla nostra difficile situazione nazionale. Ci puoi raccontare come sei arrivato a concepire questa mostra e quanto è stato importante il dialogo tessuto con il curatore Andrea Bruciati?
NRM: Vorrei rispondere alla prima parte di questa domanda con una citazione che ho anche utilizzato nello statement che precede la mostra e il catalogo:
“Io avevo scelto il silenzio. Avevo scelto l’esilio. Perché in America, è giunta l’ora di gridalo chiaro e tondo, io ci sto come un fuoriuscito. Ci vivo nell’auto-esilio politico che contemporaneamente a mio padre mi imposi molti anni fa. Ossia quando entrambi ci accorgemmo che vivere gomito a gomito con un’Italia i cui ideali giacevano nella spazzatura era diventato troppo difficile, troppo doloroso, e delusi offesi feriti tagliammo i ponti con la gran maggioranza dei nostri connazionali. Lui, ritirandosi su una remota collina del Chianti dove la politica alla quale aveva dedicato la sua vita di uomo integerrimo non arrivava. Io, vagando per il mondo e poi fermandomi a New York dove tra me e la politica di quei connazionali c'era l’Oceano Atlantico. Tale parallelismo può apparire paradossale: lo so. Ma quando l'esilio alberga in un'anima delusa offesa ferita, credimi, la collocazione geografica non conta. Quando ami il tuo paese (e a causa del tuo paese soffri) non v'è alcuna differenza tra fare il Cincinnato su una remota collina del Chianti assieme ai tuoi cani, i tuoi gatti, i tuoi polli, e fare lo scrittore in una metropoli affollata da milioni di abitanti. La solitudine è identica. Il senso di sconfitta pure.”1
Penso che The Crisis and a Crisis in the Life of an Actress sia il frutto naturale di un dialogo intrapreso con Andrea Bruciati da diverso tempo. Ci siamo conosciuti a luglio del 2010 quando io ero ancora uno studente al Central Saint Martin’s College di Londra e lui mi scrisse per invitarmi a pensare un progetto per una mostra collettiva in un ex spazio industriale non lontano da Pordenone. In quei giorni io mi trovavo a Venezia e allora pensai di raggiungerlo a Monfalcone, dove lui era ancora direttore della Galleria Comunale, per conoscerlo personalmente. Abbiamo chiacchierato per qualche ora, toccando punti diversi a partire dal mio lavoro, il sistema dell’arte in Italia, la giovane arte italiana e il suo impegno soprattutto con i giovani artisti. Nel 2012 abbiamo presentato al pubblico il primo progetto nato dal nostro dialogo: Andrea mi aveva invitato a partecipare a Demanio Marittimo Km 278 a Marzocca di Senigallia, un festival di 12 ore in notturna che si occupa prevalentemente di architettura, senza tralasciare l’arte. Per questa occasione abbiamo concepito un progetto di interazione con il pubblico, QUESTO ANONIMATO È SOVVERSIVO (2012). Grazie alla collaborazione con il white.fish.tank di Ancona e nello specifico di Ljudmilla Socci, siamo stati in grado di avvalerci di un designer, Simone Alessandrini, che ci ha aiutati e guidati nella realizzazione dell’evento. QUESTO ANONIMATO È SOVVERSIVO prevedeva il coinvolgimento del maggior numero di persone possibile per la costruzione (prima) e l’erezione (poi) di una lunghissima scala (circa 30 metri di altezza) che dal sottosuolo puntava verso il cielo, in un tesissimo tentativo di unire cielo e terra. Il punto focale anche in questo lavoro, come nel progetto più recente che ha poi generato la personale alla Galleria Massimodeluca, è senza dubbio l’idea di tensione. Non solo una tensione fisica, quella che si sviluppa tra i cavi che reggono le scale e i pezzi stessi che compongono questa traiettoria che punta verso l’infinito, ma la tensione intesa anche come sentimento che accomuna i collaboratori di un progetto, l’innalzamento di una sorta di idolo in questo caso… quella tensione che se venisse meno farebbe crollare tutto, fisicamente, moralmente, eticamente. Di lì a poco ci è sembrato quasi naturale sintetizzare il nostro dialogo in un progetto più articolato. Soltanto una mostra personale infatti permette di approfondire e sviluppare il tuo pensiero sia sul piano formale sia sul piano concettuale in maniera adeguata. Posso dire che sia con Andrea sia con Marina Bastianello (che insieme a Massimo de Luca dirige la Galleria Massimodeluca) sia accaduta quella magia che permette di capirsi quasi in maniera istintiva, così che la formulazione concettuale della mostra e il suo impianto espositivo si son rivelati semplici, immediati e coinvolgenti. E spero che il pubblico se ne sia accorto.. ovvero, alla base della mostra mi pare evidente una grande armonia tra chi l'ha concepita e chi l’ha prodotta e realizzata.
AB: Hai dichiarato che “la mostra è costruita attorno all'idea di tensione come momento di sforzo prolungato anche nel tempo” – cosa per altro sottolineata da entrambi gli atti performativi che hai messo in atto e anche dai lavori esposti. Ma continui dicendo che è “uno sforzo che, però, alla fine si rivela fallimentare”. Non pensi che sollecitando il pubblico con le tue azioni il lato “fallimentare” venga a cadere, che si venga invece a generare qualcosa di nuovo e positivo che apre alla speranza?
NRM: Il discorso che porto avanti nella mostra da idealista e concettuale, quale è nella prima sala espositiva, si fa invece schiacciante, crudo e realista nella seconda sala. Mentre performavo davanti al pubblico Adeguamento ad una superficie reale 2, il lavoro in cui striscio, nudo, sul pavimento della galleria, una signora del pubblico ha urlato che io fossi un “sessantottino un po’ depresso”… ecco.. non si tratta di depressione.. ma di cruda constatazione che però non si chiude alla speranza.. Penso che sia una situazione comune a tantissimi giovani e non giovani oggi.. non avere niente.. solo qualche titolo di studio da appendere al muro della propria camera, incorniciato per bene, e non avere nessuna prospettiva di lavoro o di altro.. di farsi una famiglia, o di decidere di staccarsi dalla propria casa natale: sono impossibilitati dalle ristrettezze economiche e l’unica cosa che resta, se non si vuole soccombere, è strisciare. Portare questo discorso nel sistema dell’arte non è semplice.. questo è un sistema a volte più snob di quello della moda.. e se parli di problemi economici devono essere quelli di altri Paesi.. di quelli che ancora chiamiamo Paesi del Terzo Mondo.. ma raramente riferiti al nostro quotidiano.
AB: Ho notato che i tuoi atti performativi, e nella fattispecie mi riferisco anche ad Adeguamento a una superficie reale 1 che hai messo in scena in anteprima a Mestre, non lasciano indifferente lo spettatore nemmeno sotto il profilo sensoriale. Dal punto di vista cognitivo il tuo lavoro spinge l'acceleratore sul dato etico ma una volta immersi negli ambienti che animi con il tuo corpo in azione, o con quello dei tuoi assistenti, ci si sente sopraffatti da aspetti che vanno al di là del dato concettuale. Cosa ne pensi?
NRM: Durante gli anni della mia formazione accademica mi sono avvicinato al lavoro di artiste femministe e di artiste politiche contemporanee come Regina Josè Galindo e Tania Bruguera. Nel 2010 ho seguito come outsider il corso di Tania allo IUAV di Venezia. Stavo portando a compimento l’MA in Fine Art al Central Saint Martin’s di Londra e facevo la spola tra Londra e Venezia per non perdere le sue lezioni. Il linguaggio che ho sviluppato in questi anni risente del suo influsso e di tutta quella tradizione performativa che a partire dagli anni ’60 si è fatta attivismo nell’arte. Il mio linguaggio è anche una conseguenza della mia analisi sulla performance come mezzo espressivo: dare al pubblico l’impossibilità di mettere in dubbio ciò che accade davanti ai suoi occhi, l’imprevedibilità dell’azione stessa e la radicalità del gesto, fanno sì che l’audience entri in contatto diretto con l’opera in maniera immediata e che ne diventi protagonista. È il linguaggio della guerra, dell’azione, della protesta.. quello che obbliga il visitatore della mostra ad agire. Se il pubblico, diventato pubblico una volta entrato nello spazio espositivo, indossasse nuovamente le vesti di cittadino che ha abbandonato all’ingresso della galleria, sarebbe partecipe della mostra così come lo è della sua vita privata, politica e sociale.
La personale The Crisis and a Crisis in the Life of an Actress di Nicola Ruben Montini, a cura di Andrea Bruciati, rimarrà aperta presso la Galleria Massimodeluca di Mestre fino al 17 maggio 2013. Orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17, sabato su appuntamento: Galleria Massimodeluca, Via Torino 105/q – 30170 Mestre (VE)
www.massimodeluca.it
1 Oriana Fallaci, prefazione a “La rabbia e l’orgoglio”, 2006