Cosa ho visto succedere davanti al Santa Chiara

Come molti sanno, non sto a Trento da tanto, ho abitato a lungo a Bologna: per questo motivo chiedo in continuazione a chi lavora con me ed ai miei amici di aiutarmi a collegare i nomi alle facce, a capire chi è chi e chi fa cosa. Mercoledì,al dibattito tra i ragazzi di IKAP e i candidati sindaco di Trento, avrò posto la domanda "E quello lì chi è?" almeno un centinaio di volte, per la gioia appunto di chi ho intorno. Seduta per terra, tra i cavi e le custodie, ho ascoltato tutto il confronto, ma alcuni riferimenti al passato – che per chi discuteva erano scontati – restano per me misteriosi: ci sono ancora tante cose che non so della città di cui ora faccio parte, storie che appartengono ad una Trento che non ho conosciuto. Le ho ascoltate e mi sono chiesta "Chissà com'era?

Non c'è testata giornalistica che non abbia già raccontato di mercoledì scorso, di questo momento di confronto pubblico e dei suoi – ancora logicamente in fieri – risultati. Da un lato le proposte dei musicisti di IKAP, talvolta condite da commenti comprensibilmente provocatorî; dall'altro i politici che altrettanto comprensibilmente, in campagna elettorale, promettono. Ciò che a me colpisce di più però è la partecipazione: leggo che quella di mercoledì al Santa Chiara è la prima volta in cui i candidati si sono trovati coinvolti in un dibattito pubblico tutti insieme – già questo è incisivo – ma soprattutto mi sono stupita di quante persone e di quanto varie siano state coinvolte da questa causa. Quando sono arrivata sul posto alle 17,30 ho visto solo due panche sparute, l'asta del microfono, qualche curioso che esitava a fermarsi: nel giro di un'ora bisognava sgomitare per avere una visuale decente sul dibattito. Si parla di 300 persone. Studenti, musicisti, esercenti, giornalisti, docenti, i simpatici matti di Trento, ma soprattutto cittadini, di ogni età. Ho sentito con le mie orecchie una vecchietta prendere a male parole una signora poco più giovane di lei perché per un attimo le ha ostruito la visuale. È lì che, ridendo tra me e me, ho pensato "Trento è anche questa", è la citta che viene salvata dallo stereotipo di morente da chi la ama, perché è questo il comune denominatore che ha unito tanti presenti, il motivo scatenante di tanta adesione: chi vive a Trento è consapevole che la città senza espressione artistica e, nello specifico, senza musica, è destinata a morire. Si fa presto a dire che i residenti del centro di Trento odiano la movida notturna e che insieme alle autorità lottano per annientare sempre più il divertimento giovanile, ma questo è solo un aspetto parziale della faccenda, è il tipico titolo che "fa notizia", ma che non riporta la verità per come è nei fatti. Per ogni residente del centro di Trento che si lamenterà del rumore di un concerto, ce ne saranno di contro altri dieci a riconoscerne la necessità e ad esserne contenti. Questo l' ho sperimentato in prima persona, vivendo negli ultimi mesi nel cuore del centro. I cittadini di Trento, ve lo dice una furesta, sono molto più intraprendenti, socievoli e aperti all'arte di quanto non pensino di loro stessi e di quanto non si racconti.

Quando ancora muovevo i primi passi in questa città un amico di grande saggezza mi ha avvertita: «Immagino possa essere traumatico passare da una città sovrastimolante come Bologna, dove è festa tutte le sere, a Trento. Però ricordati che qui troverai degli ingegni davvero degni di nota. Proprio perché c'è poco fa fare in giro, qui si ha il tempo di investire sul proprio talento e consacrarsi alle proprie passioni». Quasi un anno dopo lo confermo, l'evento di IKAP lo conferma: Trento ospita delle belle intelligenze e a tratti forse nemmeno lo sa. Qui ho conosciuto persone che credono veramente in quello che fanno, che si spendono al cento per cento per ciò che amano. Sì, i limiti di questa città sono sicuramente ancora molti, ma c'è chi riesce a far di limite virtù e portare avanti i propri progetti nonostante tutto. A Trento nonostante Trento.

Il dibattito proposto da IKAP è servito? Io non Io so e non lo sapete nemmeno voi se i candidati manterranno le loro promesse, ma quello che so è che questo incontro, questo momento pubblico di comunità, è stato un successo totale per la città stessa. Lo affermo con convinzione perché il vero messaggio che questa occasione di condivisione ha lasciato è che a Trento la musica la vogliamo e la vogliamo tutti. Quello che ho visto davvero succedere davanti al Santa Chiara è un manifesto di fiducia e di consapevolezza dell'importanza fondamentale dell'espressione artistica in questa città. Il collettivo IKAP ha superato ogni aspettativa perché, al di là di qualsiasi traduzione in fatti che deriverà o non deriverà dalle parole dei politici, ha rincuorato e fomentato i diretti interessati: noi, che abitiamo a Trento e che senza musica non ci sappiamo e non ci vogliamo stare. Nel redigere la lettera con proposte concrete, nel girare il video, nel sedersi su quella panca di legno e rivolgersi alla cittadinanza, i ragazzi di IKAP hanno dato prova della priorità dell'argomento e del bisogno di discuterne. Hanno mostrato che presenza è potere e che sono pronti a  difendere la loro città dal degrado, quello vero però,  quello culturale. Quello che IKAP ha fatto è stato ribadire: «Noi ci siamo e siamo qui per voi – ma soprattutto – voi ci siete e siete qui per voi stessi». Hanno ispirato fiducia, anche a me che a Trento ci sto da poco, e mi hanno dimostrato chiaramente la tendenziosità di certe leggende, che vorrebbero questa città come tutta assopita e priva di ardore: come spiegarsi allora un fenomeno come IKAP? Trento, quella dei cittadini e non del luogo comune, la musica la pretende.

Se nei fatti la futura giunta comunale non dovesse acconsentire alla modifica di alcun dettaglio delle regolamentazioni che limitano il fare musica alla sera, io sono persuasa del fatto che IKAP manterrà la sua parola: continuerà a tenere aperto il dibattito e perorare la sua causa, perché dalla loro hanno lo sprone più forte che esista: ci credono veramente e non da meno spingono a crederci anche gli altri, immigrati emiliani compresi. 

(Lucia Gambuzzi)