Sulla pelle di Stefano Cucchi

Si è svolta martedì 6 novembre, organizzata da Amnesty Trento, la proiezione del film sugli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi

di Giulia Leccese

Si riaccendono le luci all’interno della sede per la Cooperazione Internazionale di Trento, in vicolo San Marco, e gli spettatori escono pian piano da quel cono d’ombra protettivo che li ha avvolti per tutta la durata del film: sono tuttalpiù ragazzi, studenti universitari che, nell’uggiosa serata di martedì 6 novembre, hanno preso parte alla proiezione di Sulla mia pelle, organizzata da Amnesty Trento.

Gli sguardi destabilizzati, ancora pieni di quelle immagini crude, tentano in ogni modo di abituarsi alla luce, ma rimangono muti e vulnerabili. È solo una volta usciti dall’edificio, che finalmente la gente ricomincia a vivere nel presente e a parlare; si parla di Stefano Cucchi, di quello reale e della sua versione cinematografica, interpretata dall’impressionante e a tratti angosciante talento di Alessandro Borghi, sotto la scrupolosissima regia di Alessio Cremonini; si parla della sua storia arcinota, ma che continua a lasciare allibiti, interdetti; si parla di quei sei giorni d’inferno, tra il 15 ottobre 2009, data dell’arresto, e il 22 ottobre, data della morte, in cui Stefano Cucchi si è affievolito fino a diventare invisibile agli occhi di qualsiasi istituzione, fino a scomparire, lontano dalla famiglia, immerso nell’omertà e nel buio delle carceri italiane: ed è proprio sul tema del silenzio, che si sofferma l’intervento iniziale di Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

Questo momento iniziale ha dato l’opportunità di riflettere anche sulla neonata legge riguardante il reato di tortura, introdotta nel luglio 2017, dopo quattro anni di rinvii e polemiche, ancora oggi soggetta a critiche dalla stessa Amnesty e, a detta dell’Onu, rimasta incompleta; alla fine dell’intervento, i presenti vengono informati della possibilità di firmare una petizione in richiesta dei codici identificativi per le forze di polizia: il pubblico si affolla attorno ai volontari di Amnesty. Sono in tanti a porre la propria firma e a sposare la causa.

Si parla, in vicolo San Marco, e nell’aria volano, oltre a quello di Stefano Cucchi, i nomi di “tutti gli altri”: Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Riccardo Magherini, le vittime dei pestaggi durante il G8 di Genova. Storie vere di uomini e donne reali, che lasciano il pesante fardello della propria morte sulle spalle di familiari ed amici che, remando contro odio ed ignoranza, continuano a lottare per la verità.

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