Prodi: “Noi del progetto VIRGO ci occupavamo dell’algoritmo di calcolo”

L'intervista al prof. Prodi sulle Onde Gravitazionali

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Prodi: "Noi del progetto VIRGO ci occupavamo dell'algoritmo di calcolo"
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Fa parte della serie

di Nicola Pifferi e Cristina Degli Agli

Quali sono stati i vari step che hanno permesso la scoperta delle onde gravitazionali? Da quanto tempo è iniziata questa ricerca e da quanto tempo collaborate con l'Università di Padova per questa scoperta?

il gruppo ha cominciato ad occuparsi di rilevatori di onde gravitazionali a fine anni '80, sotto la guida di alcuni docenti tra cui Stefano Vitale, tutt'ora presente. E' trentennale l'impegno in questo campo, ma l'umanità ha iniziato ad occuparsi di questi rilevatori a fine anni '60. La maturità è arriivata negli anni 90 con dei rilevatori come quello che abbiamo realizzato a Padova, caratterizzato da antenne costituite con un grosso componente di materiale che investito dall'onda vibra come una campana.

Come funzionano le tecnologie che hanno portato a questa scoperta?

La tecnologia vincente è basata sulla interferometria laser. In pratica abbiamo collocato masse distante chilomentri e rese specchi molto performanti, abbiamo utilizzato luci laser per misurare la distanza istantanea tra le masse. L'arrivo delle onde gravitazionali, tramite la deformazione dello spazio, allontana e avvicina le masse fra loro, e crea un segnale di variazione della luce laser che rimbalza.

Quindi è proprio questa variazione della luce laser che ci permette di capire che l'onda ha colpito questo grande rilevatore, giusto? 

Sì, quando un'onda attraversa un rilevatore, gli specchi cambiano la loro distanza relativa e la luce laser ritorna indietro dallo specchio distante, con una fase diversa: si combina con il fascio di riferimento, dando una frangia di luce che cambia luminosità. Questi rilevatori hanno avuto bisogno di uno sviluppo ventennale per riuscire ad arrivare alle sensibilità attuali. La sensibilità di questi strumenti è vertiginosa perchè l'onda che abbiamo captato corrisponde ad uno spostamento di un miliardesimo di una dimensione atomica, misurato su una distanza tra gli specchi di 4 km. Questo per rendere l'idea delle difficoltà tecniche di questi rilevatori.

Quale è stato il ruolo dell' Università di Trento, del suo gruppo di ricerca, all'interno della scoperta di questi ultimi giorni. In realtà le onde gravitazionali sono state scoperte in settembre.

È molto interessante perchè noi, del progetto VIRGO, non avevamo il nostro rilevatore acceso, abbiamo sviluppato un algoritmo di codice che setaccia i dati di questi rilevatori in cerca di piccoli segnali, eventualmente dovuti alle onde gravitazionali, che sono in realtà ben nascosti in una serie di rumori che ogni rilevatore ha, per disturbi ambientali o per sorgenti di rumore fondamentale, che sono ineludibili in qualunque strumento. Riuscire a setacciare e trovare questo debole "vagito", dovuto a questi due buchi neri, distanti più di miliardi di anni luce, che si sono fusi, e riuscire a estrarlo in meno di tre minuti dal momento in cui l'onda ha colpito la Terra e a segnalarlo al resto della collaborazione, questo è stato il principale risultato del nostro algoritmo, il primo a raggiungere l'obiettivo.

Come funziona un gruppo di lavoro di questo tipo, con persone in tutto il Mondo e con grandi studiosi che lavorano insieme? Come ci si approccia allo scopo finale?

Importantissima è, appunto, la creazione del team di ricerca: quello di Padova-Trento è un contributore, ben difficilmente un unico team riesce a gestire progetti complessi come questo. Quello che è importantissimo è creare una rete di team che deve basarsi, essenzialmente, su almeno due criteri scientifici: la forza critica di approfondire le tematiche e la dedizione e la perseveranza nel perseguire la strategia scientifica scelta. Sono cose che valgono particolarmente per questo caso, in cui il risultato è arrivato dopo più di cinquanta anni di tentativi.
Chiaramente gli individui che partecipano a questi gruppi di ricerca devono essere fortemente motivati: ognuno insegue sogni e ragionamenti personali. Dal mio punto di vista, metterei sicuramente la passione, quindi un qualcosa di emotivo, fra le principali molle motivazionali. L' importante è che uno non senta la fatica perchè la costruzione di un prodotto di ricerca nuovo, che prima non esisteva, richiede sicuramente il contributo di più punti di vista. Il processo è molto faticoso, aldilà della discussione in cui possono emergere idee, apparentemente vincenti, il lavoro grosso, è quello di consolidare le idee e renderle progetti: concretizzare il lavoro in un prodotto che sia efficace. C'è una quantità di lavoro abbastanza faticosa, nella fase di verifica, di raffinamamento e controllo. Questo è fatto non solo facendo riferimento al team che sta sviluppando il sistema ma in collaborazione con gli altri team, internazionalmente presenti, che si vogliono occupare degli stessi problemi scientifici e le stesse tematiche.

 

L'intervista è tratta dalla seconda puntata della quinta stagione di Burro d'Arachidi.