Leonardo Tosi
In questi giorni c'è di nuovo chi accusa l’Islam di essere una religione che inneggia a violenza e sopraffazione. Queste accuse possono avere un fondamento?
Innanzitutto partiamo dal presupposto che le religioni, soprattutto quelle di orientamento monoteistico, hanno tutte un sottofondo in qualche modo aggressivo. Detto ciò, il Corano, come gli altri testi sacri, è un’opera estremamente complessa, in cui viene anche più volte riconosciuta la pluralità delle fedi e delle espressioni della cultura umana: il punto fondamentale, quindi, è in realtà quello dell’interpretazione del testo. È importante non fare confusione tra il messaggio etico-religioso e le declinazioni storiche di una fenomenologia culturale e civile che ha avuto anche elementi di violenza, come del resto è accaduto anche nelle altre religioni. Oggi l’Islam fa notizia, perché è l’impero del male che ha sostituito quello dell’Unione Sovietica, ma guardando la storia islamica si può verificare molto semplicemente come esso sia stato per secoli aperto al meticciato e al confronto: dire che è una religione intrinsecamente violenta è una sciocchezza storica e un’infondatezza teorica.
Quanto possono essere considerati ideologici e quanto invece politico-economici i motivi che spingono lo stato islamico alle sue azioni?
Coloro che cercano di elaborare una dottrina dell’IS fanno riferimento a un’idea, quella del califfato, profondamente radicata nella mentalità musulmana, perché rimanda al passato straordinario e vincente dell’Islam, che compatta la comunità e vi costruisce intorno una sorta di utopia di governo politico. In che misura questo venga utilizzato in maniera strumentale lo dice lo stesso comportamento dell’Isis, perché se il califfato è un’istituzione onnicomprensiva, universalistica, che supera le differenze nazionali, una prassi politica di disgregazione e di violenza diventa, evidentemente, una contraddizione in termini.
Ci può spiegare cos’è lo Stato Islamico? È fondata la teoria che vede in esso una riaffermazione di un Islam di stampo medievale?
È molto probabile che l’IS nasca mettendo insieme elementi provenienti da vari contesti medio - orientali ma, al contrario di Al Qaeda, che ha seguito un percorso storico molto preciso, l’Isis si è aggregato attraverso delle tappe non facili da identificare, anche perché manca il riferimento documentario necessario ad imbastire un ragionamento di tipo storico. Per quanto riguarda un ritorno al Medio Evo c’è molto spesso una sorta di fraintendimento: i movimenti di radicalismo islamico, fin dagli anni ’70, sono movimenti moderni, che nascono nell’età della globalizzazione, che portano avanti richieste moderne e reagiscono con una realtà del tutto contemporanea.
Si è chiesto perché sia stata colpita proprio Parigi, di nuovo dopo Charlie Hebdo?
Innanzitutto trovo che ci sia una differenza fondamentale tra i fatti di Parigi e la strage di Charlie Hebdo: ciò che è successo nei giorni scorsi è stato chiaramente pianificato e organizzato, mentre l’attacco alla redazione è stato opera di cani sciolti. Credo che uno dei motivi di questa scelta si possa individuare nell’atteggiamento colonialista e di interventismo che la Francia ha sempre avuto nei confronti dei territori del nord Africa e del Medio Oriente.
Una valutazione sullo scenario attuale?
Ritengo che, se l’Isis costituisce veramente un pericolo così grave, se la minaccia dell’IS è assimilabile a quella costituita da Hitler nel secolo scorso, un intervento sia inevitabile. Seguendo questo ragionamento, credo che Putin avesse ragione quando procedette a suo tempo col bombardamento in Siria, e credo che un’alleanza con lui sia corretta, come lo fu quella tra Churchill e Stalin. Assad, invece, per il momento è il minore dei mali: se si avesse la possibilità di una transizione democratica, che non aprisse un baratro come quello che si è creato con la rivolta del 2011, in cui sono cresciute forze oscure e in cui ha sguazzato chi aveva interessi poco chiari, sarebbe un bene, ma al momento credo non ci sia questa possibilità.
Ritiene che i fatti di questi giorni possano cambiare la politica occidentale in Medio Oriente?
Se lei considera che la guerra in Afghanistan e quella in Iraq non ci hanno insegnato nulla, mi permetto di essere pessimista. Anche perché, mentre la diplomazia dovrebbe essere l’arte del compromesso, della mediazione, fino ad oggi le potenze occidentali hanno seguito in Medio Oriente una politica estremamente ideologica: ci sono dei nemici e degli amici, e niente di ciò che succede cambia la situazione. Io sono sempre stato un sostenitore del coinvolgimento dell’Iran che, ad oggi, ha una classe dirigente estremamente pragmatica che non ha interessi a farsi risucchiare in una guerra ideologica. In questo senso ritengo la politica occidentale di rimanere sempre e comunque al fianco di Israele e di un alleato infido come l’Arabia Saudita una strategia miope e sbagliata. Scegliamo una politica equidistante ed equilibrata, solo allora la situazione potrà migliorare.