La testa per aria e i piedi sulla terraferma

di Michele Citarda

Io persone a mare nun ni haju lassate mai”. Così urla in siciliano il vecchio pescatore Ernesto nel film Terraferma di Emanuele Crialese. Una frase, un grido, uno sfogo che si rivolge al figlio imprenditore che ha investito nel settore del turismo su una piccola isola siciliana. Un figlio che nel fenomeno dei migranti vede quasi esclusivamente un danno di immagine per la sua attività, contro un padre ormai vecchio e stanco ma che di fronte alla tragedia non può tirarsi indietro, anche se agire significa andare contro la legge.

In Italia, il tema dei migranti e la sua regolamentazione non è sicuramente oggetto di un dibattito degli ultimi anni e tantomeno del 2011, anno in cui è uscito il film supra richiamato (di cui si consiglia la visione). Chi scrive, si dica anche per la sua giovane età, possiede ricordi risalenti ai primi anni 2000, quando venne promulgata la c.d. legge Bossi-Fini. Ciò che si può senz’altro rilevare è che negli ultimi dieci anni è andata perdendosi una decisiva e fondamentale chiave di lettura: quella dell’umanità.

Dalla citazione del film emerge proprio questo. L’essere umano che prevale rispetto ai condizionamenti e gli interessi particolari di alcuni, talvolta – e oggi sicuramente di più – anche rispetto al giuridico. Ciò accade perché la vita non è un valore negoziabile, ma assoluto. Non si può sottoporre l’esistenza a termini o condizioni. In Trentino, il tema è sicuramente molto sentito e le argomentazioni addotte da certe parti politiche s’inseriscono su un filone decisamente opposto.

Uno studente universitario, fuori sede o trentino che sia, solitamente non avrà visto solo Trento nella sua giovane esperienza e ciò che emerge dalla sua analisi è un vero e proprio paradosso. Il Trentino, infatti, è un territorio che è lontano, se non lontanissimo, dalla c.d. emergenza migranti e, checché se ne dica, camminando per le strade del suo capoluogo o per le sue bellissime valli e montagne, non si riesce a trovare una spiegazione, un motivo di reale disagio, anche e soprattutto se si fa paragone con realtà fuori Provincia. Dall’esterno, purtroppo, ciò che emerge agli occhi della maggior parte delle giovani generazioni di studenti universitari è che il trentino finisce per diventare lo stereotipo di se stesso, una vera e propria caricatura. Un territorio meraviglioso popolato da persone chiuse che hanno paura del diverso, della variazione dello status quo.

Sia chiaro, evidentemente la questione più rilevante riguarda la percezione del problema. La sua soluzione potrebbe semplicemente ritrovarsi nel vestire i panni altrui, nell’immedesimarsi, magari ricordando che circa un secolo fa chi migrava era qualcun altro. Si pensi alle numerose comunità di trentini in sud America (specialmente in Brasile e Argentina) che ivi si sono stabilite.

Si concluda con un esempio. Alcuni redattori di Sanbaradio qualche mese addietro sono andati a Roma per il Festival delle Radio Universitarie che si svolge ogni anno in una città diversa. Camminando per le strade della capitale (lì sì che si può parlare di veri e propri disagi infrastrutturali), ci si è imbattuti in un piccolo cartoncino cui corrispondeva un marciapiede lindo e pinto. Su questo cartoncino c’era scritta più o meno una frase che recitava: “ho bisogno di soldi e voglio integrarmi il meglio possibile nella vostra città e per questo pulisco”. Che non dovesse occuparsi l’autore della frase della pulizia delle strade romane è evidente, ma almeno con questo suo “servizio” cercava di dimostrare qualcosa alle persone del quartiere di Garbatella, forse troppo abituate ad avere paura del diverso.

Insomma, non se ne scappa. Se si riflette, si è sempre la minoranza di qualcuno o, se si preferisce, il “terrone” di qualcun altro. Resta, però, che è dalla diversità che emergono le possibilità per migliorare se stessi e migliorare il territorio. Questo vale anche per il Trentino e i trentini. La chiave, in questo senso, è incoraggiare il confronto e il dialogo e non evitarlo e disincentivarlo preventivamente.