La storia di Agitu e delle sue “capre felici”

La storia di Agitu e della sua intraprendenza, che non verrà mai dimenticata.

di Giulia Leccese

Questa è la storia Agitu Ideo Gudeta, pastora di capre felici, che arriva dall’Etiopia a Trento all’età di diciotto anni, con una borsa di studio. Dopo la laurea in Sociologia torna in Etiopia dove porta avanti un progetto di agricoltura sostenibile. Nel 2010, però, arriva lo scontro con il governo etiope: la miccia è il Land Grabbing.

Letteralmente “rapina delle terre”, il Land Grabbing prevede l’espropriazione di milioni di ettari di terreni incolti, dall’Argentina al Sud-Est Asiatico, dal Sud Sudan al Mozambico, passando per il Kenya e l’Etiopia, acquistati a prezzi esigui da parte delle grandi multinazionali. Intere comunità vanno in contro ad un forte impoverimento o sono costrette all’esilio.

Agitu ed i suoi collaboratori iniziano ad organizzare delle manifestazioni per battersi contro l’esproprio e a favore di una riorganizzazione sostenibile delle terre. Le manifestazioni sfociano spesso in scontri a fuoco aperto ed Agitu vede morire molti amici per mano del governo etiope.

Nel 2010 arriva il mandato di arresto per atti terroristici ed istigazione alla violenza ed Agitu è costretta a scappare dalla sua terra con qualche soldo in tasca, i suoi sogni, la sua identità.

Ma Agitu ha portato con sé anche il suo amore per l’agricoltura. Un’agricoltura che dialoga in armonia con il territorio che la ospita: in Trentino dà il via ad un progetto di recupero delle terre abbandonate, convertendole in allevamenti allo stato brado delle capre, in particolare della razza pezzata mochena, in via d’estinzione a causa dell’industrializzazione dell’agricoltura familiare.

Grazie alle sue 180 capre felici, che Agitu chiama rigorosamente tutte per nome, nell’arco di cinque anni apre un caseificio dove produce formaggio, in modo del tutto naturale e senza utilizzare fermenti industriali, arricchito da erbe e fiori raccolti nelle vicinanze dei pascoli. Sono anni di sacrifici, durante i quali la giovane donna, che nel frattempo lavora anche in un bar, riesce con determinazione nella creazione di un’azienda tutta sua, sostenibile e … “felice”.

Agitu decide di chiamare la sua azienda agricola “La capra felice”, con sede a Maso Villata, in Val dei Mocheni: c’è un legame identitario tra il formaggio ed il territorio dove le capre vivono e si alimentano. Nel formaggio di Agitu c’era anche la sua identità e dei luoghi in cui si identificava e dove è avvenuta la sua formazione: l’Africa, il Trentino, la Francia. Lo diceva lei stessa, in una video intervista del 2015: “il filo conduttore di tutto questo alla fine è l’amore”.

Quando, nello stesso anno, le viene assegnato il “CheesePremio di Resistenza Casearia, viene definita così dall’associazione Slow Food: “Premiamo Agitu Ideo perché la sua storia è esempio di coraggio, di integrazione e di riscatto, ma anche di fiducia e di spirito di accoglienza. Agitu ha lasciato la sua terra, l’Etiopia, e ha scommesso su una nuova vita e un nuovo lavoro in Italia.”

Dal 2015 il viaggio di Agitu prosegue con il vento in poppa: dopo anni di mercati – alcuni si ricorderanno il Mercato dell’economia solidale in Piazza Santa Maria Maggiore – nel giugno di quest’anno apre la prima “Bottega della Capra Felice” in piazza Venezia 12 con ortaggi, formaggi, uova e anche prodotti di cosmesi. E così, le capre della Val dei Mocheni si incontrano in sala lettura con il caffè etiope.

Agitu è riuscita in questi anni a veicolare il suo approccio attraverso una storia che parla di comunità, di imprenditorialità sostenibile, di intraprendenza al femminile. Partendo dall’Etiopia con qualche soldo in tasca, i suoi sogni, la sua identità. E questa storia non si cancella, né si riscrive.  

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