La Questione Israeliano-Palestinese

Marco Pertile spiega dove stia il diritto nel conflitto

di Lorenzo Zaccaria

Il ciclo di incontri di ELSA focalizzati sul Medio-Oriente si è concluso con un appuntamento sulla questione israelo-palestinese. È un tema delicato, che occupa la scena internazionale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, attraversa entrambe le Guerre Fredde e arriva a oggi. Prima di cominciare è necessario premettere che l’argomento impone cautela e umiltà: gli agenti in campo, gli interessi, la storia e l’assetto territoriale impediscono a chiunque di possedere, purtroppo, un’ultima parola. È essenziale l’approfondimento, è essenziale il confronto e la consapevolezza che in fondo la verità si mostra sempre più complessa e difficilmente definibile di come vorremmo.

Il professor Marco Pertile, esperto in Diritto Internazionale, ha offerto una personale sintesi del conflitto, ripercorrendone le principali tappe fino a oggi.

La coesistenza dei due popoli raggiunge un punto di rottura dopo il '45 quando vengono stravolti gli equilibri demografici del territorio. Fin dalla dichiarazione di Balfour l’obiettivo degli agenti internazionali è quello di dividere i due popoli, creando due Stati in un territorio unico. Le complicazioni si aggiungono a uno status quo formalmente riconosciuto da entrambe le parti ma mai rispettato; parti che non esitano a provocarsi a vicenda e frequentemente raggiungono lo scontro diretto.

Da una iniziale situazione di parità i rapporti di forza vengono stravolti nel ‘67 durante la Guerra dei 6 giorni, con la quale Israele si ritrova il controllo della maggior parte del territorio, mentre la Palestina viene relegata in Gaza e in Cisgiordania.
Dagli anni Settanta si diffonde l’idea dei territori palestinesi come occupati, cioè sottoposti a un fattuale controllo amministrativo da parte di Israele. Questo in teoria dovrebbe essere regolato da norme internazionali sebbene queste vengano impunemente ignorate dagli occupanti.

Uno dei paradigmi della politica di Israele è costituito dagli insediamenti, alla fine degli anni Ottanta lo Stato si orientò progressivamente verso una politica coloniale, sostituendo la definizione dei territori da occupati a contesi. La deduzione coloniale sarebbe infatti illecita in un territorio occupato dal momento che è vietata la manomissione dell’assetto demografico – insomma non si potrebbero introdurre nuovi abitanti e nemmeno se ne potrebbero allontanare (ma, senza sopresa, si perpetrano entrambe con levità). Lentamente i tentativi di soluzione non hanno portato a nulla se non alla lenta asfissia del popolo palestinese.

Arrivando a oggi siamo stati testimoni di un momento chiave: lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme – è necessario premettere che questa decisione sia stata già da tempo ratificata dal Senato americano (sebbene precedentemente bloccata dai predecessori di Trump); inoltre una mossa simile è stata fatta dalla Federazione Russa da Tel Aviv a Gerusalemme Ovest (ma Ovest non è un dettaglio secondario). La motivazione statunitense sarebbe dettata dall’impossibilità degli USA dall’astenersi dal riconoscere la realtà fattuale di Gerusalemme quale capitale di Israele, sebbene questo non dovrebbe pregiudicare qualsiasi decisione sulle frontiere. Quest’ultima clausola dovrebbe auspicare il raggiungimento di un negoziato finale, tuttavia è fuor di dubbio che qualsiasi negoziato bilaterale vedrebbe ora la Palestina in una posizione di netto svantaggio. Questo è importante perché lo status di Gerusalemme avrebbe dovuto essere uno dei punti cardine di un eventuale negoziato tra le due parti, mentre ora sembra esser stato unilateralmente affidato a Israele. La risposta di Abu Mazen è stata infatti quella di disconoscere gli Stati Uniti come nazione intermediaria super partes.

Non sembra esserci all’orizzonte la possibilità di alcuna soluzione. Le Nazione Unite, che potrebbero spingere per un negoziato multilaterale, si mantengono vaghe, bloccate dall’impossibilità di muoversi all’unanimità. La protervia di opinioni diametralmente opposte impedisce purtroppo di raggiungere soluzioni finali efficaci e soddisfacenti.

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