Il Fertility Day in giro per l’Europa

Esempi di campagne riuscite, più o meno, meglio

di Nicola Pifferi

Il Fertility Day è stato un vero insuccesso. La campagna del Ministero della Salute sulla prevenzione dell’infertilità che ha colorato la giornata di venerdì 22 settembre non è piaciuta particolarmente ai cittadini italiani.

Due le campagne di comunicazione, due i fallimenti, almeno a vedere i commenti su internet, questa volta però supportati anche dal mondo della comunicazione. Caitlin Hu, di Quartz (Stati Uniti, sì, la notizia è arrivata anche in America), ad esempio, ha giudicato l’intero evento un “errore imbarazzante”, e Ida Dominijanni, di Internazionale, che si è più concentrata sul primo tentativo di comunicazione, ha scritto: “Questa è pubblicità regresso”.

Prima campagna, fallimentare, in parte perché reputata infantile e aggressiva, basta dare uno sguardo alle cartoline, ricche di slogan come “La bellezza non ha età. La fertilità sì”, il tutto corredato da una bella clessidra che riempie tutta l’immagine. Ma soprattutto perché giudicata come fondata su idee errate. Il concetto però sembra semplice: se non posso permettermi economicamente di avere un figlio e di mantenerlo, non lo faccio, anche se il Ministero mi incita a essere “creativo”.

Sbagliare è umano e una seconda chance si dà a tutti, anche al Ministero, che però decide di perseverare. La titolare del dicastero della Salute, Beatrice Lorenzin ha infatti detto: “La campagna non è piaciuta? Ne facciamo un’altra” e ha ritirato gli opuscoli incriminati. Altro giro, altro regalo, quindi. Il giudizio di internet? Pure peggio. Un poster questa volta è al centro dell’attenzione pubblica. Due le immagini messe a confronto: la vita “corretta” e “perfetta” delle coppie eterosessuali bianche con i capelli biondi dal gusto scandinavo, contro quella dei “cattivi compagni”, da evitare, caratterizzati da colori più scuri e capelli più ricci.

Ora, sembra che al Ministero della Salute sia sfuggito un passaggio: il primo attacco era sì alla comunicazione, ma soprattutto all’idea di base. Il “fate figli” giunto dal Governo, dicono ad esempio i partecipanti al fertility fake, la contro-manifestazione nata su twitter con l’hashtag #siamoinattesa e colta al volo da molte associazioni, che ha riempito 12 piazze italiane sempre venerdì 22 settembre, è legittimo, ma ha un problema di base: le giovani coppie italiane, che magari vorrebbero un figlio, non se lo possono permettere. E allora sì che sono in attesa, dicono loro, ma di un’economia che permetta di procreare responsabilmente.

E dire che il Ministero avrebbe potuto ispirarsi a campagne venute meglio, o per lo meno che hanno portato risultati migliori, a livello Europeo e mondiale.

In Danimarca, ad esempio, il tour operator Sunwing ha tentato di risolvere il problema nel 2014. Con lo spot “Do it for Denmark” e la possibilità di prenotare vacanze con lo sconto “fertilità”, i ragazzi della comunicazione hanno dimostrato una certa creatività. Un lieve aumento delle nascite c’e stato, ma non abbastanza da far ripartire una vera e propria crescita demografica. Il dubbio che queste campagne sulla fertilità non facciano smuovere veramente i cittadini a questo punto dovrebbe venire. Ma i danesi non si perdono d’animo: niente paura! Ci si riprova. Abbiamo detto che una seconda chance si offre a tutti.

Nel 2015 il team di Sunwing, che intanto ha cambiato nome e si chiama Spies, ci riprova con una nuova campagna. Basta incitare i danesi a procreare per il loro paese, meglio fare nipotini per la gioia delle loro madri. Se non lo fanno per la collettività, lo faranno per le madri. No? Lo slogan diventa quindi “Do it for Mom”. Il meccanismo è semplice: le mamme pronte a diventare nonne, regalano una vacanza “genitoriale” ai figli e ai loro partner e, se va tutto bene, in cambio, nove mesi più tardi, ricevono un nipotino bello fresco. Il video promozionale è corredato da una freccia che trafigge, letteralmente, una pila di preservativi.

Sui nove mesi si è giocato anche in Russia, dove nel settembre 2007 il Governo ha scelto una giornata, il 12 settembre, in cui ha spinto i cittadini a non andare al lavoro e restare a casa. L’obiettivo? Fare utilizzare il tempo libero per compiere il “dovere civico” di ogni bravo figlio della patria russa: procreare.

Perché proprio questo giorno? La risposta è semplice, lineare, sovietica: se io, Putin, faccio concepire tutti i miei cittadini il 12 settembre, nove mesi dopo, il 12 giugno, per la Giornata dell’Unità Nazionale, riesco a sfornare un sacco di piccoli patrioti. Aggiungici un frigo in regalo ad ogni mamma e il gioco è fatto.

Qualcuno vuole un po’ di boom demografico?

da Europhonica 02×03 www.europhonica.eu/it