Giubileo: un impegno contro lo sfruttamento del pianeta

Le parole che, nel libro del Levitico, fanno riferimento al Giubileo risuonano come un eco di quelle della Genesi che al capitolo 2, versetto 15 riporta le intenzioni di Dio: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e custodisse.”

Questo pianeta è l’Eden. L’Eden in cui l’umanità è stata posta e questo pianeta va coltivato e custodito da chi vi è stato posto. È un vero giardino, stupendo e bellissimo, il pianeta azzurro. Il pianeta delle foreste e dei laghi, dei fiumi e dei mari, dei monti innevati e delle valli fiorite, delle albe e dei tramonti. L’umanità può trasformarlo tuttavia in un luogo di godimento o di sofferenza, in un giardino o in disordinato velenoso immondezzaio.

L’invito è alla coltivazione e alla custodia non al possesso.

Infatti nel Levitico c’è un richiamo preciso al versetto 23: “La terra è mia [dice il Signore] e voi state da me come forestieri e inquilini”. È ciò che viene troppo spesso dimenticato, la terra non appartiene all’uomo, è data a lui in uso perché ne usi le risorse non dimenticando che l’ha in prestito dalle generazioni successive.

È la smania del possesso, dell’accumulo disordinato e insaziabile delle risorse che può trasformare il giardino in un luogo, per molti, infernale.

Il Giubileo se letto e vissuto nella prospettiva originaria ha molto da dire e trasmettere al mondo moderno, ma la tentazione, il rischio di spostarne il significato solo sul piano spirituale e religioso è fortemente attrattivo. È comodo a tutti, infatti, pensare che “fare il Giubileo” significhi attraversare una Porta Santa e recitare alcune preghiere senza alcun serio impegno nella direzione della remissione concreta dei debiti, della riduzione dello sfruttamento delle risorse del pianeta, della riduzione della povertà nel mondo.

Ancora una volta si tratta di scegliere.

 

Davide Corraro