Frontiere: filo spinato al Brennero. Nessuna alternativa?

intervista al professore Jens Woelk

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Frontiere: filo spinato al Brennero. Nessuna alternativa?
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Fa parte della serie

di Nicola Pifferi

Cerchiamo di capire, cosa è successo al Brennero? Cosa sta succedendo in generale?

Anche io ero un po’ sorpreso di questa notizia perché per ora non sembra così drammatica la situazione al Brennero rispetto ad altri punti di confine in particolare fra Austria e Slovenia e fra Austria e Germania. L’Austria è ovviamente da qualche mese proprio al centro di questi flussi di migrazione che vengono, soprattutto ultimamente, dalla rotta balcanica, ed era proprio questo il motivo per cui qui al Brennero la situazione era leggermente meno pesante rispetto agli altri punti di confine. Ho capito che questa notizia di una eventuale costruzione di una recinzione sul Brennero non è completamente inventata, anche se in parte smentita.

Proprio un’ora fa è arrivata la conferma da parte dell’Austria che si paventa l’idea di una costruzione di filo spinato e il ministro Doskozil ha detto: “oggi ci sono da duecento a trecento sconfinamenti al giorno, se la situazione dovesse peggiorare, chiaro che dobbiamo intervenire”. Che cosa vuol dire? Stiamo perdendo Schengen? Stiamo perdendo l’Unione Europea?

Io purtroppo sono molto pessimista e sono anche molto triste perché mi sembra veramente che l’Unione Europea non sia capace di reagire adeguatamente come un’unione ma sia piuttosto una disunione con tanti egoismi nazionali. Io francamente non capisco dove sia questo vantaggio nel chiudersi a riccio all’interno dei propri confini. Proprio l’atteggiamento dell’Austria, che è un Paese piccolo e comunque di passaggio, è oggetto di disperazione a causa di un atteggiamento politico tutt’altro che determinato da parte della stessa Unione Europea.

Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea per cercare di risolvere questo problema?

Ci sono diversi piani e come sempre la questione è molto complessa. Si deve agire sicuramente sui flussi e si deve gestire l’emergenza ma allo stesso tempo ci si deve porre il problema a medio-lungo termine. Possiamo anche parlare di cerchi concentrici in termini geografici: c’è l’emergenza alla porta di casa nostra e su un altro piano, a distanza più lontana, ci sono Paesi che sono fortemente in conflitto e la cui esistenza stessa si sta dissolvendo. Per citare alcuni esempi basti pensare alla Siria, all’Iraq e al paese chiave che è la Turchia. Tutto questo richiederebbe coesione all’interno dell’Unione Europea e richiederebbe una politica estera comune ed è proprio questo che, attualmente, manca.

Però mi chiedo proprio quale può essere l’alternativa? Tutto questo è drammatico e triste allo stesso tempo.

L'intervista è tratta dalla prima puntata della quinta stagione de il punto. di Burro d'Arachidi.