#direttarettore: la biblioteca “lontana”

La storia di un progetto discusso e le posizioni dei candidati

Domani, alle 14, i candidati rettore Stefano Zambelli e Paolo Collini saranno ospiti nei nostri studi per lo speciale di Sanbanews #direttarettore. 

Un'occasione importante per parlare del futuro dell'ateneo, ma anche per portare le questioni che a noi studenti stanno più a cuore. Cominciamo da un tema di grande interesse: quello della nuova biblioteca.

La provincia ha fatto un errore. Sull'affaire della nuova biblioteca universitaria, che dovrebbe aprire i battenti entro 24 mesi nel quartiere delle Albere (tema di cui ci siamo già occupati qualche mese fa)sembra essere questo l'unico punto di contatto tra i due candidati rettore. Lo sbaglio in questione risale al 21 novembre 2012, data in cui Patrimonio del Trentino, la finanziaria dell'ente, ha stipulato un contratto di compravendita di cosa futura del nuovo Centro Congressi Polifunzionale, situato a sud del nuovo quartiere delle Albere, agli antipodi rispetto al Muse. Un'operazione da 28,4 milioni di Euro, ai quali si sarebbe dovuto aggiungere un ulteriore stanziamento di 3 milioni per realizzare gli allestimenti. La struttura – anch'essa progettata dall'archistar Renzo Piano come il resto del quartiere – avrebbe dovuto contenere due grandi sale, una per congressi e la seconda per proiezioni cinematografiche, entrambe hi-tech, modulari e flessibili. 

Passa meno di un anno e la Provincia ritorna sui suoi passi. Il 2 ottobre 2013, al termine di un incontro in Rettorato tra la rettrice Daria De Pretis, il presidente dell'Università Innocenzo Cipolletta e l'allora presidente della Provincia Alberto Pacher, viene annunciato il cambio di destinazione d'uso dell'immobile: la nuova Biblioteca di Ateneo prenderà il posto del Palacongressi, nella struttura già in corso di realizzazione. Nel comunicato che viene diramato dagli organi di informazione, si può leggere: «La soluzione individuata corrisponde all'interesse dell'Università di Trento di dotarsi di una biblioteca corrispondente ai suoi standard, all'interesse del Comune di Trento di reinserire il progetto in una collocazione urbanisticamente adeguata e all'interesse della Provincia a un coerente utilizzo dell'edificio in costruzione» (come a sottintendere che il precedente utilizzo non lo fosse…).

La proprietà della struttura alle Albere rimarrà comunque in capo alla Provincia: l'ateneo potrà beneficiare del comodato d'uso gratuito per 30 anni. Come ulteriore condizione, l'ateneo ha richiesto la realizzazione di un «percorso urbano attrezzato» attraverso l'area di Trento Fiere (Cte), per «consentire un passaggio più diretto e agevole dalla città alla nuova biblioteca».

Una decisione che ha liberato ciascun ente da un proprio, diverso, grattacapo: la Provincia da un centro congressi che pareva condannato ad una condizione di cronico sottoutilizzo; l'Università dal portare avanti il progetto precedente, quello firmato dall'archistar Mario Botta che avrebbe dovuto vedere la luce in Piazzale Sanseverino, il cui costo, stimato in 70 milioni, non appariva più abbordabile in tempi di contrazione dei bilanci ed, ultimo ma non ultimo, il comune di Trento, che non avrebbe più dovuto portare a termine in commissione urbanistica e in Consiglio comunale un progetto, quello di Botta, che avrebbe richiesto delle significative deroghe al piano urbanistico. 

Un soluzione win-win, dunque? Non proprio. La nuova struttura ha un «piccolo» difetto: è un bel po' fuori mano. Dai dipartimenti del centro città occorre almeno un quarto d'ora a piedi per raggiungerla. Per di più, la zona, al momento, non è servita dal trasporto pubblico, dal momento che, inspiegabilmente, al momento nessuna linea transita per il quartiere "le Albere".  Non è il massimo per una struttura alla quale gli studenti accedono nelle "ore buche" tra una lezione e l'altra. Si può obiettare che per studiare ci sono altri spazi, come le aule nei dipartimenti. Verissimo: ma se la mettiamo così, allora, il rischio è che la nuova struttura sia condannata in partenza al sottoutilizzo. O, quantomeno, a non poter essere mai autosufficiente, perché dovrà sempre e comunque essere affiancata da altre strutture, più facili da raggiungere. E questi «doppioni» quanto costeranno all'ateneo? Il progetto di Botta prevedeva quasi 1.000 postazioni studio, quello di Piano soltanto 500. Attualmente, l'edificio Cavazzani (il cosiddetto Cial), dopo l'ampliamento inaugurato a fine 2013, arriva a contare 320 postazioni; la Biblioteca di Lettere, al centro Santa Chiara, altri 100. Tutti i volumi (si parla di 385.000 monografie) dovrebbero essere trasferiti nella nuova struttura, che prevede molti spazi a scaffale aperto, quindi consultabili da tutti gli utenti – a differenza di quanto avviene oggi, mentre sembra ancora da appurare se nel nuovo edificio ci sarà spazio a sufficienza anche per le riviste – che altrimenti dovrebbero rimanere nella vecchia sede. 

Anche per questo, nell'incontro con gli studenti, il candidato rettore Stefano Zambelli ha definito «estremamente discutibile la decisione di trasferire la biblioteca alle Albere. Ancora oggi non ci sono dati chiari al riguardo. Non è mai stata fatta un'analisi costi-benefici per comparare questa soluzione con quella di Sanseverino, area che è già di proprietà dell'Università, anziché in comodato gratuito. Una decisione che è stata presa da pochi: la partecipazione è anche cercare insieme la soluzione ad un problema grosso». 

Dal canto suo, l'ex pro-rettore Paolo Collini ha illustrato in questi termini i due scenari che si ponevano di fronte all'Università: «Nel caso delle Albere, l'edificio è stato pagato dalla provincia e l'università paga soltanto le spese di trasformazione edilizia, il progetto di ridefinizione affidato a Renzo Piano. Con un aumento di cubatura che il comune ha autorizzato, in 24 mesi avremo una biblioteca che costerà alle casse dell'ateneo 14 milioni tutto compreso. Per la soluzione di Sanseverino, invece, il costo stimato era di 70 milioni e sarebbe stata per intero a carico dell'ateneo. Fondi che l'università non ha a disposizione e  anche facendo un mutuo, le rate di rimborso a carico dei bilanci dell'ateneo sarebbero state molto pesanti. Optando per Le Albere, ci restano i fondi per le altre operazioni urbanistiche dell'ateneo: il restauro di Mesiano, Povo 0, gli impianti di Economia ormai superati. Per di più, con il tempo necessario a fare il nuovo progetto e la nuova variante urbanistica, sarebbero andati via almeno 7-8 anni prima di potere aprire». (Benjamin Dezulian)

E voi, cosa ne pensate? Aspettiamo i vostri interventi e le vostre domande per i candidati.