Big One. The voice and sound of Pink Floyd

di Giacomo Ferri e Lucia Mora

 

Lo ammettiamo: siamo usciti di casa molto molto (molto) scettici. Omaggiare i Pink Floyd è impresa oltremodo ardua e titanica; perciò, di fronte a una tribute band, storcere il naso (ci) viene spontaneo. Ciò nonostante, come i beduini l’acqua nel deserto, così noi cerchiamo in continuazione una fonte in grado di soddisfare la nostra “sete” di Pink Floyd. Infatti, la nostalgia che proviamo nei confronti di Roger Waters, David Gilmour, Syd Barrett, Richard Wright e Nick Mason è stata tale da convincerci a dare un’occasione ai Big One, che si sono esibiti ieri sera all’Auditorium Santa Chiara.

Il miracolo si è compiuto. Siamo rimasti folgorati dalla bravura dei nostri confratelli pinkfloydiani, fin dalla scelta di dividere lo spettacolo in due parti, che si è rivelata sicuramente azzeccata: la difficoltà richiesta dai brani dei Pink – e la loro bellezza – rendono necessaria una pausa, al fine di permettere ai musicisti e al pubblico di gustarne appieno l’essenza. Infatti, si tratta di canzoni che coinvolgono l’intera sfera emotiva. Dolore, gioia, malinconia, estasi. D’altronde, tuffarsi nel puro genio non può lasciare indifferenti.

La prima parte del concerto era dedicata ai giovani Pink Floyd (The Piper at the Gates of Dawn, A Saucerful of Secrets). All’epoca la band cominciava a piantare i primi semi del Prog, muovendosi però ancora all’interno di linee musicali tradizionali. La frattura (probabilmente definitiva) avverrà poi con Ummagumma, album caratterizzato da un sound psichedelico e irrazionale, da cui nasceranno i Pink Floyd più noti.

La seconda parte del concerto era perciò dedicata a quei dischi che hanno lasciato un segno nella storia della musica: Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e The Wall. Il pubblico – che si era già dimostrato ampiamente entusiasta – non è più riuscito a trattenersi. La fedeltà e il rispetto con cui i brani sono stati presentati hanno conquistato il favore di tutti.

Ci sono due elementi imprescindibili nei concerti di Waters, cioè le grafiche e la politica. Per quanto riguarda il primo aspetto, i Big One non hanno affatto sfigurato: alle spalle dei musicisti, scorrevano immagini molto suggestive e adatte all’atmosfera evocata dalle canzoni, accompagnate da giochi di luce di forte impatto. Per quanto riguarda la politica, invece, si è sentita l’assenza di un disco in tal senso decisivo come Animals. Tuttavia, questo non ha penalizzato in alcun modo l’ottima riuscita dello spettacolo.

Insomma, come avrete capito, per chi scrive i Pink Floyd testimoniano la veridicità delle Scritture: Dio esiste e, soprattutto, si è incarnato per diffondere il Verbo. Ancora complimenti ai Big One per il loro impegno in qualità di evangelizzatori.