Chiude la stagione del teatro Zandonai di Rovereto l’opera “Giulietta e Romeo” del Balletto di Roma

Mercoledì 29 marzo è andato in scena “Giulietta e Romeo” del Balletto di Roma. A chiudere la stagione di danza del teatro Zandonai di Rovereto è stata l’eccellente reinterpretazione della tragedia shakespeariana del regista e coreografo Fabrizio Monteverde, che assieme al lighting design di Emanuele De Maria, ai costumi di Santi Rinciari e la direzione artistica di Francesca Magagnini riporta in scena – per il ventesimo anniversario dell’allestimento coreografico – un classico che fa del gioco tra tradizione e innovazione il suo punto cardine.

Nella durata di due ore, le coreografie – svolte egregiamente dai ballerini – ripercorrono i momenti principali della tragedia originaria, mescolando elementi classici e contemporanei nei movimenti, nelle scenografie e nella narrazione stessa. L’ambientazione viene difatti spostata dalla Verona medievale al Sud Italia del Secondo Dopoguerra, divisa tra disperazione e speranza per una rinascita. Il balletto inizia proprio con una scena movimentata e dinamica tra due diversi gruppi di ballerini, che esprimono la tensione tra speranza e volontà di ricominciare e la rabbia e i dubbi che la fine della guerra si trascina. Sullo sfondo, i ruderi di un muro incorniciano la coreografia, fungendo – allo stesso tempo – da strumento e da respingente fisico per il corpo di ballo e da ostacolo visivo per il pubblico. Ostacolo che diventa soglia, passaggio e il celebre balcone al momento dell’incontro tra Giulietta e Romeo, interpretati da Carola Puddu e Paolo Barbonaglia. Questa spaccatura nella scenografia diviene elemento fondamentale della narrazione: dal dinamismo agitato delle scene d’incontro tra le famiglie dei Montecchi e Capuleti, rappresentate nei costumi delle ballerine dal rosso e dal nero, si passa alla delicatezza energica delle coreografie dei due protagonisti, che raccontano una storia antica quanto rinnovata da espedienti narrativi innovativi, come l’uso di un lenzuolo – che (s)copre Romeo nella scena della prima notte d’amore con Giulietta – simile a un sudario, segno premonitore del destino dei due amanti (oltre che richiamo ai versi di Giulietta nella tragedia originaria). Elementi di questo tipo si mescolano con quelli più tradizionali: in scena persiste la pozione preparata da Frate Lorenzo, mentre la morte di Mercuzio vede l’uso del sangue finto a fine coreografia. Di nuovo, la scenografia funge da mezzo per rappresentare uno dei leitmotiv del teatro shakespeariano: la presenza degli spettri, in questo caso Mercuzio e Tebaldo all’interno dei ruderi. Dunque, il luogo stesso in cui fiorisce l’amore porta in seno una sorte funesta e mortale.

La tensione tra eros e thanatos viene espressa per tutta la durata della rappresentazione, in cui possiamo vedere una Giulietta divisa tra la passione per Romeo e il senso di colpa – ben rappresentato anche nella scena della fustigazione di Frate Lorenzo – nei confronti della madre e del dovere di sottostare ad un amore non ricambiato. Le figure materne nella rappresentazione di Monteverde ordinano e decidono per tutti i personaggi, esprimendo rabbia e moralismo (si notino, ad esempio, i gesti che ricordano il segno della croce), e l’odio tra le due famiglie viene espresso nelle scene di lotta con gesti e movimenti potenti. In conclusione, “Giulietta e Romeo” di Fabrizio Monteverde riprende i temi e le scene fondamentali della tragedia, piegandoli in modo elegante a narrazioni ed approcci moderni.

 

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