di Martina Ghedin
Grandi economisti, letterati, fisici, matematici, chimici e attivisti vengono intrappolati all’interno della storia grazie al riconoscimento più importante della loro vita; essere i vincitori del premio Nobel. Nel 1986, il nome di Wole Soyinka entra a fare parte della lista dei letterati più influenti del ventesimo secolo. Scrittore, drammaturgo, poeta e saggista di origine nigeriane, è considerato il più importante esponente della letteratura sub-sahariana. La sua passione per il teatro e il forte legame con la cultura africana si notano nelle sue opere teatrali, alcune delle quali sono state messe in scena da compagnie teatrali inglesi.
Queste poche righe sono solo un piccolo accenno alla vita di Wole. Per questo motivo, invito tutti ad andare ad ascoltare la sua conferenza, che si terrà il 21 agosto, dalle 18 alle 20, presso la Libera Università di Bolzano. Affiancato dal giornalista Raffaello Zordan, discuteranno della situazione politica attuale tra Africa e Occidente e della visione personale di Wole. Il titolo centrale della conferenza è “L’uomo è morto”, che rimanda al titolo del libro che scrisse subito dopo la sua prigionia durata 22 mesi durante la la guerra civile nigeriana, alla fine degli anni sessanta.
Come molti scrittori, la sua vita è stata un alternarsi di successi e sofferenze, e tutto ciò che ha imparato da queste esperienze viene riportato nelle sue opere che li sono valse il premio Nobel. Noi, forse, non possiamo capire totalmente la profonda sofferenza che si cela dietro alcune delle sue opere, ma almeno possiamo provarci.