Visages d’enfants

Il cinema muto inaugura il Trento film festival

di Lorenzo Zaccaria

Il Trento film festival è stato aperto da un film muto, ambientato in un paesino delle Alpi svizzere e musicato dal vivo. La scelta è sicuramente audace perché non è facile oggigiorno apprezzare una proiezione di quasi due ore senza dialoghi. Toglierli (se non pochi sottotitoli) vuol dire affidarsi a una trama lineare e alla mimetica esasperata degli attori; se in più ci aggiungiamo il bianco e nero otteniamo un prodotto, appunto, molto lontano da noi. E in aggiunta nemmeno la musica d’orchestra se la passa tanto meglio.

Il film, appena restaurato, è “Visages d’enfants” (1925) di Jacques Feyder. Gli infanti del titolo sono i fratelli Jean e Pierrette, orfani di madre, e Arlette, orfana di padre, che devono imparare ad andare d’accordo dopo le nozze tra i due rispettivi genitori. La trama va avanti grazie ai dispetti tra Jean e Arlette che fanno fatica a accettare la nuova famiglia in una parabola di gravità che porta dritto al finale. I bambini devono imparare a riconoscere le nuove figure genitoriali e in particolare Jean, che non riesce a elaborare il lutto della madre e che vede nella madre di Arlette un avversario che le si vuole sostituire.

La musica invece è stata affidata a Carlo Crivelli, esperto compositore di cinema che per l’occasione ha anche diretto l’orchestra. Il musicista è rimasto fedele a quel sottofondo che sarebbe potuto essere stato composto per il film nel suo anno di produzione. Una musica che ha voluto entrare in sintonia con la proiezione; le atmosfere montane per esempio sono state rese dai campanacci e dal vibrafono (lo xilofono d’orchestra per intenderci) che risuonavano durante le ambientazioni cittadine rendendo l'atmosfera del paesino alpino. Lo stesso Crivelli all’inizio della proiezione ha dichiarato di aver studiato il film passo passo per intessere una musica omogenea alla visione e sicuramente ha rispettato il proposito. Un particolare che lo conferma: durante il matrimonio dei due vedovi sullo sfondo compare il maestro della banda del paese che conduce in sincronia con la partitura suonata fuori dallo schermo.

Insomma, ha senso parlarvi di tutto questo perché rappresenta la filosofia del festival (quella raccontata da Sergio Fant in questa intervista) cioè la fedeltà alla tradizione montanara ma sempre con una mentalità pronta a mettersi in discussione e rinnovarsi, offrendo al pubblico delle esperienze singolari come questa proiezione.

img. source: l'immagine è la locandina del film, è stata tratta dal canale Instagram del Trento Film Festival (@trentofilmfestival)