Sharing economy: le nuove sfide nel mercato del lavoro

di Lorenza Giordani

Un festival dedicato ai luoghi della crescita non poteva non dare spazio al nuovo fenomeno della ‘Sharing economy’, l’economia della condivisione, capace di creare nuovi posti di lavoro e al contempo supplire a bisogni di comunità.

Della prima prospettiva si è discusso ieri 4 giugno nell’incontro dal tema “Il lavoro nella sharing economy” con lo statunitense Alan Krueger, professore di economia alla Princeton University e già capo del Consiglio dei consulenti economici del presidente Obama.

La gran parte dei posti di lavoro creati negli Stati Uniti negli ultimi tempi di ripresa – dice Krueger – sono stati generati in gran parte da questo settore economico alternativo, in cui prodotti e servizi vengono forniti mediante piattaforme online. Un po’ di rischio in cambio di grandi opportunità. Il lavoro diviene in questo modo flessibile, ciascuno è capo di se stesso e gestisce in autonomia il proprio orario.

L’analisi di Krueger, introdotta da Marco Panara di Repubblica, si è appunto concentrata sulla piattaforma Uber, lanciata nel 2010 a San Francisco: essa mette in diretto contatto i passeggeri con gli autisti Uber nelle più prossime vicinanze. La flessibilità del modello di lavoro creata da questo genere di piattaforme attrae sempre più nuovi autisti, in cerca soprattutto di una seconda occupazione. Guardando alle statistiche statunitensi, infatti, il 61% degli autisti Uber ha in realtà un altro lavoro: molti sono insegnanti, agenti immobiliari, geometri, che cercano di integrare il proprio reddito prestando la propria auto ed il proprio tempo a trasportare passeggeri in città. Più del 50% lavora al massimo 15 ore a settimana, in maniera estremamente elastica e a seconda degli impegni contingenti.

Negli Stati Uniti l’economia legata alla condivisione è aumentata del 47% dalla fine del 2012 e presenta ampi margini di crescita; su un campione di 4.700 americani intervistati, ha affermato Krueger, ben il 72% ha dichiarato di utilizzare queste piattaforme online.

In Europa le cose vanno un po’ diversamente, per certi versi la sharing economy viene persino ostacolata dai Governi. Kruger ha affermato che però il fenomeno è tale da non potersi arginare, e va piuttosto controllato mediante politiche pubbliche in grado di limitare i costi sociali del cambiamento, creando tutele innovative per queste nuove forme di lavoro, a metà tra lavoro dipendente e autonomo.

Di sharing economy e welfare, invece, si è discusso il 3 giugno nel confronto tra Giovanni Fosti, Giovanni Teneggi e Donatella Turri dal tema “Tra sharing economy e welfare di comunità”.

La personalizzazione dei servizi, portata dalle opportunità fornite dalla sharing economy, produce maggiore utilità per il destinatario della prestazione e garantisce sostenibilità finanziaria. Condividere non significa regalare, bensì utilizzare al meglio le risorse disponibili, diventando una condizione di sostenibilità. La condivisione, inoltre, si fonda sulla fiducia, una variabile cruciale per i servizi forniti attraverso la sharing economy: avere massa critica, ossia un numero elevato di utenti che fornisce i famosi ‘feedback’, è fondamentale per il monitoraggio della serietà e della qualità del servizio.

(foto alchetron.com)