Rugby: un altro modo di giocare, un altro modo di essere

di Davide Corraro

È tempo di rugby, è tempo di “Sei Nazioni”. In queste settimane sei squadre si sfidano in un torneo nato nel 1883. Inizialmente giocato da Galles, Inghilterra, Irlanda e Scozia, poi si è aggiunta la Francia ed infine nel 2000 l’Italia. Si riempiono gli stadi (sì, anche in Italia!) di appassionati, di tifosi calorosi ed entusiasti pronti a gioire e soffrire, ad esaltarsi ed a festeggiare, tradizionalmente, con fiumi di birra nel terzo tempo. Nel rugby, infatti, si gioca, fuori campo, anche un terzo tempo oltre ai due regolamentari di 40 minuti l’uno. Il terzo tempo lo giocano insieme, a tavola, le due squadre ed i tifosi delle due squadre affratellati dalla comune passione più che dalla rivalità.

Ma per presentarlo a chi non lo conosce alcune citazioni possono essere utili:

“Il rugby è uno sport bestiale giocato da gentiluomini. Il calcio è uno sport per gentiluomini giocato….”

“Il rugby è un gioco primario: portare una palla nel cuore del territorio nemico. Ma è fondato su un principio assurdo, e meravigliosamente perverso: la palla la puoi passare solo all'indietro. Ne viene fuori un movimento paradossale, un continuo fare e disfare, con quella palla che vola continuamente all'indietro ma come una mosca chiusa in un treno in corsa: a furia di volare all'indietro arriva comunque alla stazione finale: un assurdo spettacolare.” (Alessandro Baricco)

“Il rugby è uno sport da gentleman. […] Prima di passare la palla a lui, devi controllare che lui stia bene, che sia aperto, disponibile, ottimista, e che insieme al tuo pallone non gli arrivino addosso due o tre assassini che gli facciano del male a lui. Ma mentre fai questo bel ragionamento etico ce ne sono altri 29 che ti guardano, 14 tuoi ma 15 no; e tre ti stanno correndo addosso, due grossi e uno piccolo, ma cattivo. In quel momento lì, è difficile pensare se lui sta bene, se vuole il tè o la camomilla. La prima intenzione è di dare il pallone a lui e sperare che quelli che arrivano capiscano che non vale più la pena di fare del male a te perché ormai il pallone ce l'ha lui.” (Marco Paolini)

“Il rugby è una buona occasione per tenere lontani trenta energumeni dal centro della città.” (Oscar Wilde)

A rugby è vietato l’individualismo, lo ha spiegato bene Marco Paolini, si gioca insieme, si impara ad essere sostegno agli altri, a rispettare l’avversario, che si vince o si perde comunque dopo aver dato tutto, che l’arbitro si rispetta senza discutere, si cade e ci si rialza senza fingere e senza rancore, si ascoltano gli inni in silenzio, si fa silenzio quando l’avversario è impegnato in quello che è paragonabile ad un calcio di rigore, si applaude la meta dell’avversario e la propria  e, dopo la battaglia, si festeggia insieme all’avversario perché, prima di tutto, ci si riconosce nella comune passione e nel reciproco rispetto. In campo, sugli spalti e soprattutto nella vita il rispetto non si predica, si pratica!

Ed ora tutti insieme tifiamo: ITALIA!!!