La resistibile ascesa della TAV in Trentino.

di Lucia Gambuzzi

 

Oggi, sabato 14 Novembre 2015, si è tenuta a Trento la manifestazione di protesta nei confronti del progetto TAC, ossia treno ad alta capacità, ideato per congiungere Verona e Monaco.

 

Ad organizzare il corteo sono i comitati formati da cittadini trentini, che lamentano la scarsa trasparenza delle istituzioni rispetto agli intenti programmatici che già vengono messi in atto, nella fase dei sondaggi geo-gnostici preliminari, con i carotaggi a Novaline. Avevamo già intervistato, ieri, in previsione di questa giornata, Anna, attivista nell’associazione NOTAV-MammeMarco, e ci troviamo oggi a confermare le sue previsioni quando preannunciava una manifestazione “allargata, popolare, trasversale, significativa”: è stato così, è stato un successo così.

 

Il corteo, che si è svolto oggi lungo le strade di Trento (Piazza Dante, Rosmini, Corso Tre Novembre, Piazza Duomo), ha registrato un’adesione numericamente ingente ed eterogenea: chi si è trovato tra le fila della manifestazione ha avuto intorno a sé bambini, attivisti, studenti, anarchici, nonni e passanti incoscienti; chi invece ha osservato il corteo sfilare – certi sguardi parlano chiaro – ora è più consapevole e sa che quella della TAV è una dinamica che non potrà più ignorare. Aspetto questo che va sottolineato, in quanto uno dei tormentoni dialettici della giornata è stato proprio il fatto che riguardo il dispendioso ed ambientalmente impattante progetto TAV in Trentino si sa ancora troppo poco. Tuttavia, la sentita partecipazione cittadina (e non) alla manifestazione fa presupporre che l’opinione pubblica trentina, legata come è – finanche a livelli comico-parodici, lo ammettiamo – al territorio, non resterà di sicuro a guardare, lasciando fare alla classe politica. C’è motivo di credere che chi ama questa regione abbia a cuore l’eventuale deturpamento delle sue falde acquifere, così come il suo irrimediabile inquinamento, per non parlare poi dello sperpero di denaro: discorso, questo, di natura regionale, non provinciale, in quanto trentini ed altoatesini si sono ritrovati uniti nella protesta ('No TAV' in tedesco diventa 'Kein BBT'),

A marciare per la città oggi e a comporre il corteo sono stati infatti soprattutto liberi cittadini, spontaneamente aderenti, di molto dissimili dall'immagine negativa che una parte della stampa nazionale darebbe dei coinvoinvolti nei fatti della Val di Susa, confondendo così gli oppositori primigenî del luogo e quelli di un attivismo militante più agguerrito. E forse è proprio su questo dato che ci si dovrebbe soffermare un attimo a riflettere, cosa che aiutano a fare alcuni esercenti locali, i quali hanno reputato consono abbassare le saracinesche dei proprio locali: cui bono? Cosa ci si aspettava? Difficilmente immagino la vecchina vegana accanto a me, che sfila per salvare il vigneto piantato tanti anni fa dal suo papà, sfondare una vetrina per rubare la settimana enigmistica, ma tant’è e questo aspetto porta, in concatenazione logica ed obbligata, ad un altro: ci sono stati danni? Ebbene, pare proprio di no. Quella che da taluni era paventata come una marcia di facinorosi violenti, si è risolta in una camminata per la città con cartelloni e bandiere in mano: unico dato da segnalare, notato con fastidio dai partecipanti stessi, alcuni stencils, realizzati con le bombolette sui muri. Ma soprattutto, quella che era stata annunciata come una marcia provinciale e di sparuti, si è rivelata invece un evento di grande attrazione. Ospite da menzione speciale, Arnaldo Cestaro.

 

In questa manifestazione, come in tutte le manifestazioni del mondo in ogni tempo, si schieravano due partiti – se così vogliamo definirli – contrapposti, quindi da copione: da una parte i manifestanti, da una parte il cordone (in particolare davanti al Commissariato del Governo). Niente scontri, niente caricate. I cori, gli sfotto: quelli sì, ma sempre quelli, di una retorica di cui si è già parlato e scritto abbastanza. Ma una dinamica va specificata e ribadita: che fossero presenti nella folla, come prevedibile in ogni gruppo numericamente e ideologicamente allargato, nuclei portatori di una contestazione più violenta rispetto alla maggioranza è innegabile e chi c’era lo sa. Detto questo, è logico che una posizione di opposizione rispetto al progetto TAC abbia, anche solo per facile associazione, uno stretto parallelismo con le contestazioni militanti in Val di Susa per la TAV, allo stesso tempo però – e, felicemente, l’esito della giornata di oggi lo conferma – non è così scontato che le due dimensioni debbano finire accomunate nello stesso alveo di violente complicazioni. Si può manifestare in modo pacifico, si può fare di questa protesta una questione civile (quindi non partitica, quindi non in mano ai collettivi), si può sfilare nella non violenza e registrare un numero di simpatizzanti altissimo e multiforme, dal bambino che si addormenta sulle spalle della sua mamma, fino al vecchietto che porta con sé cartelloni che citano Papa Francesco, passando per il disinformato ventenne che partecipa, per far colpo sulla militante a cui punta, e che ne esce però anche lui sensibilizzato. E questo è bello. E’ bello perché condiviso, sociale e civile. Perché ribadire oggi, 14 Novembre 2015, che odio chiama odio, non è inutile.

 

Quella della TAC o TAV, un acronimo non cambia la sostanza, non è una questione meramente politica e meno che mai deve essere stereotipica: opporsi ad un progetto infrastrutturale che comporta danni al proprio territorio è una posizione morale civile ed individuale, prima che ideologica. E’ un argomento che interessa la cittadinanza tutta, diastraticamente indivisa: dalla contadina valligiana che scende in città solo il Giovedì per il mercato, al banchiere radical chic, che le verdure le compra solo da questa signora, che possiede una coltivazione bio, chilometro zero, che proprio a causa di questa rete ferroviaria potrebbe, un domani, non esistere più. E questa è la storia del serpente, di gente, che vien giù dal monte e si ritrova in piazza Dante: al suo interno ha conosciuto diverse sezioni, ma ha ritrovato la sua coda, perduta un dì, in piazza Duomo, tra sorrisi, bambini al chioschetto dei panini e comizî: un serpente inesorabile, imperioso ed efficace.

 

La sentita, pacifica e consapevole adesione registrata lo conferma. Si parla di mille partecipanti, ma sul numero, oggi, ha vinto la qualità.