Gran Bretagna vs. Unione Europea

Solo una “bravata” di Cameron o effettivamente una concreta possibilità?

di Lisa Braito

Tratto dall'intervista al prof. Jens Woelk, docente di diritto costituzionale comparato presso l'Università di Trento, andata in onda nella terza puntata della quinta stagione di Burro d'Arachidi.

Il 9 maggio è stata, come tutti gli anni, la festa dell’Europa unita, che si è purtroppo celebrata un po’ con l’amaro in bocca. Infatti, il giorno prima sono usciti i risultati delle elezioni politiche del Regno Unito tenutesi il 7 maggio 2015, che hanno visto la vittoria di David Cameron a capo del partito conservatore e con questa, la certezza che il referendum per l’Europa, del quale si è sentito parlare negli ultimi mesi, non sia più una speculazione, ma che si terrà effettivamente nel 2017. Con 331 seggi i conservatori conquistano la maggioranza assoluta, l’unico governo d’Europa non di coalizione. I gran sconfitti sono i laburisti, che vengono penalizzati dal sistema maggioritario di votazione, visto che avevano di fatto preso solo il 6,5% dei voti in meno. Mentre Cameron festeggia allegramente, Ed Miliband, leader dei laburisti, consegna le dimissioni. In Scozia fanno molto bene i nazionalisti che si prendono la rivincita dopo la sconfitta al referendum per l’indipendenza dell’anno scorso, impadronendosi di 56 seggi su 59 disponibili nel Parlamento scozzese.

Cameron governerà quindi da solo, con un governo relativamente forte se non fosse per l’ala euroscettica del suo partito. Il referendum che decreterà l’uscita o la permanenza nell’UE del Regno Unito era stato promesso all’elettorato, nonché strumentalizzato dal neo presidente per vincere. Ora però dovrà mantenere la promessa. Il referendum rimane comunque una grossa incognita: che succederà all’economia se la popolazione voterà a favore dell’uscita dall’Unione? Che ne sarà del futuro dell’Europa di conseguenza un po’ meno unita?

Un dato di fatto è il profondo disagio provato dall’UK, che si vede geograficamente ma soprattutto culturalmente distaccato dal continente. Esempi di questa separazione si concretizzano nella vita politica, sociale ma anche giuridica: più di una volta si sono riscontrati screzi tra la Corte di Strasburgo e quella britannica, in primo luogo per quanto riguarda le sentenze sui diritti umani, come per esempio il diritto di voto ai carcerati assicurato dalla corte europea, ma non condiviso dalla corte del regno unito, seguito da innumerevoli sanzioni.

Quanto può essere attraente l’Unione Europea in questo periodo di continue e ripetute crisi, di difficoltà economiche, di austerità, di problemi come quello dell’euro e della Grecia?

Nel Regno Unito d'altronde la sterlina sta volando, la ripresa economica è più solida di quella continentale, i posti di lavoro aumentano di giorno in giorno… perché allora rimanere in un’Europa che sembrerebbe arrancare? 

La posta in gioco in caso di un’uscita dall’unione è alta da entrambe le parti: l’UE andrebbe a perdere il 10% della popolazione come pure un paese che rappresenta il 15% della forza economica trainante l’unione, mentre il regno della regina Elisabetta, con più del 10% del PIL e 2 milioni di posti di lavoro dipendenti dall’esportazione verso il continente, un’importante risorsa economica. Dal punto di vista politico si avrebbe il danno maggiore; l’UE ha una storia di successi; si è sempre più allargata e non ha mai “perso” dei membri per strada.

E allora che fare?

Non ci sembra però che in questo dibattito “Europa sì, Europa no” si tenga molto conto della componente ideologica che si pone le fondamenta all’Unione Europea. L’UE è dapprima nata per una volontà di unire, per la collaborazione e solidarietà tra i paesi membri, per creare una rete di legami non necessariamente economici, che non ci facessero più sentire solo cittadini italiani, tedeschi, britannici, francesi, ma come membri di un’entità più grande, più inclusiva. Non dovrebbe essere una moneta o un accordo economico a congiungerci, ma un sentimento di appartenenza, che forse a volte viene sottovalutato. Festeggiamo allora il 9 maggio e speriamo che pure di là della Manica si faccia lo stesso!

 

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Immagine di Rainer Hachfeld