Dalla teoria al concreto: il racconto di una volontaria del FAI

Intervista alla presentatrice dell'ultimo workshop del Sustainability Festival

di Martina Ghedin

Durante il Festival della Sostenibilità tenutosi nei giorni precedenti all’Università di Bolzano, ho avuto modo di fare due chiacchere con Valentina, una giovane volontaria dell’associazione FAI, acronimo di Fondo Ambiente Italiano. Durante un workshop, ha parlato di questo gruppo che si occupa di salvaguardare il valore storico e culturale del patrimonio paesaggistico nazionale. Nell’intervista che segue si spazierà da esperienze personali fino al rapporto che questa associazione ha con lo Stato e con i singoli individui.

Qual è la tua esperienza personale con questa associazione?

Sono entrata a farne parte recentemente e sono stata impegnata fin da subito in varie attività. Quindi per il momento la mia esperienza è stata molto variegata con un susseguirsi di avvenimenti positivi ma con sfide altrettanto importanti. Tutto ciò comporta una crescita a livello mentale, soprattutto per la sensibilità e l’apertura verso il mondo. Il mio consiglio a tutti i ragazzi è quello di dedicare parte del loro tempo a qualcosa a cui tengano veramente, come lo sport, l’arte e il nostro territorio.

Parlando di arte e territorio, ho colto che non è facile per voi rapportarvi con un’Italia che ha moltissimi punti forti, ma altrettanti punti deboli. Perciò, com’è il legame con lo Stato e con gli enti pubblici?

L’Italia è un museo e ogni suo angolo può essere considerato un sito da proteggere. E non è tanto l’incapacità delle istituzioni a determinare situazioni di incuria e degrado, ma il fatto è che c’è troppo da salvaguardare e molto spesso sono i singoli cittadini che dovrebbero tenere conto dell’ambiente nel quale vivono. Sicuramente da un lato è compito delle istituzioni sensibilizzare ulteriormente la popolazione, ma se il singolo individuo non fa nulla, i risultati saranno sempre gli stessi.

Quindi la nostra azione concreta è fondamentale, ma ci sono dei casi in cui bisogna parlare di prevenzione. Lo abbiamo capito con l’Hotel Rigopiano e, se ci fosse stata più attenzione, questa tragedia si sarebbe potuta evitare. Qual è un tuo pensiero al riguardo?

Purtroppo in Italia manca il concetto di prevenzione e sicurezza. Qui non esistono veri e propri piani di evacuazione come in altri paesi. Per esempio in Giappone organizzano prove di evacuazione non solo per scuole ma per l’intera cittadina. È sicuramente compito delle istituzioni interessarsi maggiormente a questa tematica che richiede sempre più attenzione.