Al Bar Mario si appaga la necessità di incontrare l'altro

L'intervista al regista Stefano Lisci

Al Bar Mario si appaga la necessità di incontrare l'altro

di Nicola Pifferi

Sta affascinando le masse, sta riempiendo le sale dei festival cinematografici del Trentino e del Sudtirolo, è Bar Mario, film documentario di Stefano Lisci, che racconta il piccolo bar vicino alla stazione di base della Funivia del Renon, a Bolzano. Un bar che rappresenta una nave nell'idea della sua gestrice Marina e che unisce la società bolzanina sotto un solo tetto. Ce l'ha raccontato il regista Stefano Lisci. Lo si può rivedere in Sala 1 al Cinema Modena di Trento, giovedì 4 maggio, alle 15:15.

Un successo al Bolzano Film Festival Bozen, adesso siete anche al Trento Film Festival. Come è nata l'idea di fare un film sul Bar Mario di Bolzano?

L'idea è nata parecchi anni fa. Frequentavo la scuola di documentari e film Zelig a Bolzano e il bar è veramente vicino alla scuola. Di tanto in tanto, lo ammetto, saltavo qualche lezione e andavo al bar. Mi sono subito trovato a mio agio, grazie alla famiglia che lo gestisce, che mi ha accolto. E l'idea è proprio arrivata frequentandolo.

Marina, Roberto e Paolo. Moglie, marito e figlio. Ma c'è anche una specie di società interna al bar. Perché?

Forse è anche una caratteristica di tutti i bar, che sono in qualche modo un'istituzione sociale. Il Bar Mario ancora di più. Raccolgono persone di qualsiasi estrazione sociale e sono un po' dei luoghi dove si va apposta per incontrarsi. Penso che questo aspetto sia vicino alla nostra necessità di incontrare l'altro.

Nel film vengono anche raccontati un po' i personaggi di questa società. Partiamo proprio dalla titolare del bar: Marina.

Il nome non è casuale. Il padre era un marinaio, che ha passato la vita sulle navi. È poi tornato a Bolzano dove ha ripreso il bar che era in realtà della madre, e lì è nata Marina, che ha poi preso il timone e gestisce il bar. In onore al padre ha ricostruito il bar e la casa a forma di nave, con le finestre a oblò, in un tributo a Paolo, il marinaio.

Nome che Marina ha dato anche al figlio Paolo. Che ruolo gioca nel film?

Beh, Paolo gioca un ruolo importantissimo. È una persona "speciale", che ha bisogno di attenzioni importanti, che ha 36 anni e che è stato abituato da Marina a vivere e crescere assieme ai clienti del bar. È una persona veramente speciale, ma è difficile capirlo senza vedere il film.

Ogni tanto viene il dubbio, guardando il film, se si sta guardando un film di finzione oppure un vero e proprio documentario. Ci sono scene scritte? Qual è il ruolo dell'improvvisazione e qual è stato il ruolo dei protagonisti nello scrivere il film?

Un ruolo importante. A volte con i documentari si fa un film su qualcosa, su qualcuno. Qui la situazione era completamente diversa: è stato fare proprio un film con loro. Era anche un po' un giocare. Volevamo proprio mettere in scena e giocare su questo dubbio, che io trovo molto interessante. "Veramente sta accadendo?" è un quesito che mi piace molto porre allo spettatore, una forma che prediligo. I protagonisti stessi hanno proprio proposto delle cose. Diciamo che noi, la produzione, creavamo delle condizioni, poi lasciavamo che le cose accadessero così come vengono.

Immagini: Stefano Lisci

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