3 domande (+1) a Stefano Andreoli, cofondatore di Spinoza.it

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3 domande (+1) a Stefano Andreoli, cofondatore di Spinoza.it
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Fa parte della serie

di Anna Kovaleva

Spinoza non è solo il filosofo che ci ha fatto passare notti in bianco a scuola, ma anche uno dei blog satirici più noti in Italia. Un “blog serissimo” come viene definito dagli stessi fondatori, ma che di serio ha soltanto il nome. Ieri, lunedì 8 maggio, grazie all’associazione studentesca UNITiN e con il contributo dell’Università degli Studi di Trento e Opera Universitaria, l’Aula Kessler della Facoltà di Sociologia ha avuto la fortuna di accogliere Stefano Andreoli, fondatore, insieme a Alessandro Bonino, di Spinoza.it e un centinaio di studenti, segno che, a detta di Stefano “a Trento non c’è proprio niente da fare”.

A introdurre l’evento Alice Bonandini, docente del dipartimento di Lettere e Filosofia, la quale ha posto due interrogativi fondamentali riguardanti il mondo della satira, ossia se questa abbia o debba avere dei limiti e se la satira sia politica. Nel corso dell’evento Stefano Andreoli ha cercato di dare una sua opinione in merito, opinione che, ovviamente, non ha nulla di serio. Partendo dal primo quesito, Stefano ha sostenuto che di per sé la satira non dovrebbe avere limiti, questi piuttosto dovrebbero essere intrinsechi a colui che la utilizza. Al pubblico deve essere chiaro che ciò che viene detto è satira. In merito alla seconda domanda, citando Daniele Luttazzi “la satira è politica, dato che esprime una critica dell’esistente”, l’importante è che la politica non sia satira.

Si è parlato anche delle tecniche di persuasione e della satira come mezzo di comunicazione, facendo anche riferimento a Charlie Hebdo e in generale al modo e al timore di fare satira al giorno d’oggi. Non sono mancate le risate parlando di umorismo involontario, quello offertoci da diverse testate nazionali che, sbagliando punteggiatura o mescolando le notizie, trasformano i titoli in vere e proprie “perle”.

Alla fine dell’incontro Stefano Andreoli ci ha concesso qualche minuto per rispondere ad alcune domande relative al blog. 

Spinoza, definito da Wikipedia come uno dei maggiori esponenti del razionalismo del XVII secolo. Cosa lega Spinoza, razionalismo e il vostro blog? 

Beh Spinoza era un razionalista prima del razionalismo, quindi..no, in realtà le mie competenze si fermano qua, mi piaceva atteggiarmi! In verità è stato un caso. Alessandro, che ha fondato il blog insieme a me, era un simpatizzante che ha studiato Spinoza, cosa che io ad esempio non ho fatto perché ho preferito studi scientifici, quindi, ahimè, certe cose non le so. Ha chiamato il blog con il nome di Spinoza, ci ha messo la sua faccia e questa è diventata subito un marchio. Senza accorgercene avevamo creato qualche cosa e quindi questa è stata la prima intuizione che poi ha dato il via alla gloriosa storia di Spinoza che ormai ha 12 anni! Diciamo che l’immagine ha dato una certa serietà, infatti, il sottotitolo è “un blog serissimo”. Noi cerchiamo di far ridere, ma nel contempo di affrontare temi seri, quindi la serietà del filosofo ci è sembrata appropriata.

Le battute, come hai detto, devono fare innanzitutto ridere. Quelle di Spinoza.it sono frutto dell’ispirazione o vengono elaborate attentamente? Ad esempio le battute su Berlusconi o Bocelli che abbiamo sentito anche questa sera si sa che fanno ridere, c’è la tendenza a seguire magari anche degli schemi prestabiliti?

Diciamo che quando fai una battuta di largo consumo popolare sai quasi sempre che avrai successo. Chiaramente delle tecniche ci sono e per conoscerle bisogna aver studiato, letto e ascoltato tanta commedia e cabaret, scoprendo così che il pugno che chiude la battuta può obbedire a certi schemi, anche se alla fine nessuno compila battute con una tabella davanti. Il bello è inventarsi la battuta fuori dagli schemi. Ma in ogni caso l’importante è arrivare al fine ultimo di Spinoza che è appunto far ridere. Se poi c’è anche un messaggio, una battuta satirica, allora fai bingo, ma non è sempre facile.

In un’intervista rilasciata nel 2013 alla domanda se vi sentite agitatori del popolo della rete tu hai risposto che non hai una vera opinione in merito, ma hai anche aggiunto che “in Italia una vera rivoluzione non ci sarà mai perché dobbiamo tutti un favore a qualcuno”. Ma allora la satira, o comicità come dici tu, è il fine ultimo del tuo lavoro? Per te fare satira ha uno scopo?

Beh la satira non può prescindere da un messaggio, messaggio che parte da colui che fa la battuta o scrive lo spettacolo. Quando la satira travalica i confini e scende in politica in maniera attiva allora cambia un po’ tutto il bilanciamento delle cose, perché in politica con la satira tu diventi potente e oggetto di satira. Quindi forse non la puoi più fare con la stessa obiettività e lo stesso distacco di prima. L’essenziale nella satira è non sentirsi migliore o superiore agli altri e quindi dire come le cose andrebbero fatte. Chi fa vera satira ha sempre messo davanti i propri difetti e poi li ha usati per raccontare i difetti degli altri, del mondo e, soprattutto, dei potenti. La satira è tanto più efficace quanto più grande il potere che va a colpire e ripeto, non è per niente facile!

Ricollegandoci al nome del blog, ti senti più giornalista o filosofo?

Nessuno dei due. In filosofia facevo un po’ schifo e giornalista non l’ho mai fatto. Posso dire che mi sento un gioioso cazzaro, cioè qualcuno che sta in mezzo alle cose, cerca di osservarle con un occhio forse più attento della media, ma solo perché ho capito che nella realtà c’è sempre un lato grottesco. Lo scopo del mio lavoro è proprio quello di trovare questo lato grottesco e spero che continui a durare a lungo perché di cose grottesche ce ne saranno sempre e di ridere ci sarà sempre bisogno.